Usa: Obama per la scala mobile ribalta la storia
- Scritto da Effe_Pi
Il presidente americano propone l'indicizzazione dei salari in base all'inflazione, abolita in Italia nel '92.
Spesso la storia propone eventi ironici, che ribaltano completamente idee consolidate negli anni. È quello che è accaduto oggi, alla notizia che il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha proposto di introdurre la scala mobile nel suo paese, per indicizzare il salario orario dei lavoratori americani all’inflazione, adeguando anche i contratti esistenti al reale costo della vita. La Casa Bianca ha infatti spiegato che dal 1938 il salario minimo è stato aumentato per 22 volte, ma è stato eroso da diversi periodi di alta inflazione, aggiungendo che "indicizzare i salari consentirà di evitare un nuovo calo del loro valore reale".
La notizia ha dell’incredibile, non solo perché si tratta di un provvedimento quasi “socialista” che viene introdotto nella patria del capitalismo e del liberismo mondiali: in fondo, Obama è un progressista, e nel suo secondo (e ultimo) mandato da presidente era prevedibile che adottasse politiche più “radicali” rispetto al passato. A sorprendere è il confronto con quanto accaduto in Italia, dove la scala mobile esisteva dal dopoguerra, ed è stata rimossa quasi “a furor di popolo” negli anni ’90, come se fosse il principale problema del paese. Una battaglia condivisa addirittura dai sindacati, almeno quelli confederali (Cgil, Cisl, Uil), che nel 1992 firmarono per la sua definitiva eliminazione col premier di allora, Giuliano Amato. Abolizione condivisa da tutti i partiti di governo e dagli industriali, ma anche da una parte consistente della sinistra, visto che il primo a proporre un taglio dell’indicizzazione dei salari fu il segretario del Partito socialista, Bettino Craxi, quando nel 1984 era presidente del consiglio. Ad opporsi, all’apoca, solo il Partito comunista e l’estrema sinistra, che proposero anche un referendum (senza successo) nel 1985.
Insomma, la norma che consente ai lavoratori dipendenti di recuperare il potere d'acquisto perso dal salario a causa dell'inflazione, considerata un ferro vecchio e un freno allo sviluppo del nostro paese, ora potrebbe essere introdotta negli Usa, patria del libero mercato ed esempio economico per tutti i liberisti europei. Una nemesi storica non da poco, che però non sembra far sorgere dubbi a chi in Italia continua a sostenere che il problema principale è quello di ridurre il costo del lavoro, ovviamente a scapito dei lavoratori. L’ultimo esempio è quello della vertenza Electrolux, azienda svedese di elettrodomestici che ha in Italia quattro stabilimenti nel centro-nord: ai lavoratori, il nuovo piano industriale propone durissimi tagli, che potrebbero ridurre da 1400 a circa 800 euro il salario medio degli operai (anche se l’ultima versione parla di tagli per “soli” 130 euro al mese), per adeguarlo a quello delle fabbriche della stessa azienda presenti nell’Est Europa. Una proposta che ha provocato reazioni durissime, con lo sciopero dei lavoratori e la dura presa di posizione dei governatori delle regioni interessate. Ma è un piano che trova anche alleati insospettabili come Davide Serra, finanziere e consigliere economico del segretario del Partito democratico, Matteo Renzi, che ha parlato di una proposta “razionale”, visto che Electrolux "per salvare il lavoro deve abbassare del 40% gli stipendi”. L’azienda quindi “prova a salvare lavoro e azienda con taglio salari – prosegue su Twitter Serra - oppure chiude come altre 300mila aziende e aggiunge disoccupazione".