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Il Sistema Sardegna e i rapporti mafie - banditismo: Prima parte

  • Scritto da Giornalista Pubblicista

Un viaggio in due parti con Serpico nella nuova realtà criminale sarda mostrata dall'ultima inchiesta e nei legami del passato tra malavita dell'isola e organizzazioni del continente.

Di Serpico

Alcuni titoli di giornali parlano di “sistema Sardegna”, nel descrivere la clamorosa inchiesta che ha portato all’arresto di 31 persone nell’isola, tra le quali un primario e una ex assessora regionale. Un richiamo all’inchiesta “Mafia Capitale”, dei vari Carminati e Buzzi. Il parallelismo è dovuto al fatto che l’inchiesta è piombata nel caldo settembre sardo come un meteorite. Le accuse sono pesantissime e aggravate dal metodo mafioso. SI parla di associazione di tipo mafioso, associazione segreta, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, abuso d'ufficio, rivelazione di segreto d'ufficio, corruzione aggravata dal metodo mafioso, peculato e procurata inosservanza di pena aggravata dal metodo mafioso.

Nella “terra di mezzo”, per dirla come faceva Carminati, dove tutti si incontrano e trattano a pari livello, in Sardegna si incontra pure il mondo dei professionisti e della politica, associandosi con elementi della criminalità locale, anche di grande spessore. Gli orgolesi Tonino Crissantu, nipote dell’ex primula rossa Graziano Mesina, e Nicolò Cossu noto “Cioccolato”, sono personaggi importanti nella malavita sarda. Protagonisti di sequestri di persona che balzarono nella cronaca, soprattutto negli anni ‘90. Sequestri di persona come quelli Checchi, Licheri e Vinci. Con ricavi riciclati nel redditizio mercato della droga. Hanno quindi incontrato il mondo delle professioni e della politica, condizionandone le scelte a proprio vantaggio e mettendo a disposizione la loro capacità criminale, intimidatoria e prevaricatrice.

Un atteggiamento quasi da appartenenti ad un’organizzazione paramilitare o milizia privata. Con reciproco scambio di favori elettorali, di funzioni, promozioni e decisioni che stanno alla base del sodalizio criminale. L’aspetto grave è che il loro vincolo associativo sarebbe con metodo mafioso, quindi una struttura decisamente solida e compatta, rispetto ad una semplice associazione a delinquere. Infatti nelle accuse mosse nei loro confronti è chiaro come la condotta criminale sia indirizzata allo scopo di infiltrarsi e condizionare vari settori, per avere accessi privilegiati nell’amministrazione regionale. La prima volta che in Sardegna venne contestato il reato di associazione mafiosa fu durante la stagione delle bombe e degli omicidi in Ogliastra, a partire della metà degli anni 90. All’epoca, protagonista assoluta fu una donna: Maria Ausilia Piroddi. Giovane, bella e ambiziosa aveva come obiettivo la segreteria della Camera di Lavoro CGIL di Tortolì.

Da qui partì un’escalation di violenza, fatta di attentati veri o fasulli, minacce e intimidazioni. In un clima di paura, sospetti e veleni lo scontro tra il gruppo della Piroddi e quello dei suoi avversari si spostò in ambito amministrativo, per le elezioni comunali di Barisardo. Ancora bombe, avvertimenti e minacce. Sotto i colpi dei sicari caddero l’operaio forestale Paolo Demurtas, a due mesi dalle nozze, ed il sindacalista Franco Pintus, che venne assassinato mentre rientrava a casa in macchina con la moglie e le figlie piccole. La “zarina”, come venne ribattezzata Maria Ausilia Piroddi, si candidò a sindaco ma non raggiunse il quorum per essere eletta. L’accusa di mafia cadde in primo grado, ma comunque la giovane ambiziosa e spregiudicata verrà condannata all’ergastolo come mandante degli omicidi. Morirà in carcere nel 2011 per un tumore, dichiarandosi sempre innocente.

Continua nella seconda parte...

 

Foto: brian.ch su Flickr