Referendum: per gli stranieri è solo questione di soldi
Boom di articoli da testate estere sulla consultazione del 4 dicembre, in grande maggioranza dedicati alle possibili conseguenze del risultato per euro, investimenti e banche italiane.
In Italia è visto come uno scontro di idee tra riformisti e conservatori, con ciascuno dei due schieramenti che accusa l’altro di essere retrogrado, o al limite come un dibattito su Renzi Sì – Renzi No; in vista del referendum costituzionale di domenica prossima, 4 dicembre, la propaganda dei due fronti infuria, e dai media tradizionali è già tracimata su internet e social, con tanto di colpi bassi veri o presunti. I sondaggi, che fino a quando si potevano pubblicare davano in netto vantaggio i contrari alla riforma, sembrano però aver provocato molte reazioni anche fuori dai nostri confini. Non si parla, in questa sede, degli endorsement per il Sì di capi di governo stranieri e istituzioni europee o di quelli per il No di leader di schieramenti più o meno populisti di altri paesi: è la narrazione dei media stranieri, in particolare quelli di lingua inglese, che sembra concentrarsi su argomenti diversi da quelli della campagna elettorale interna. Se infatti qui tutto ruota intorno alle possibili dimissioni del premier e agli eccessivi o equi poteri che avrebbe in caso di vittoria, con l’argomento “economico” introdotto soltanto negli ultimi giorni, proprio dagli articoli dell’Economist (a favore del No) e del Financial Times (più favorevole al Sì, prospettando un possibile “disastro” bancario in caso di sua sconfitta), fuori dall’Italia praticamente si parla del referendum solo per questo.
Italiani a Londra e populisti composti
Solo propaganda o reale preoccupazione? In verità, se testate come l’Ft o l’Economist hanno una grande risonanza anche nel belpaese, basta fare un giro su Google per scoprire che tanti siti web d’informazione (specie economica) e quotidiani di lingua anglosassone si concentrano principalmente sulle possibili ripercussioni per l’euro e gli investimenti in Italia. Difficile che puntino a condizionare, in un senso o nell’altro, l’elettore medio italiano, che spesso non legge nemmeno i giornali nella sua lingua, figurarsi quelli in inglese: bisogna altresì ricordare, come ha fatto giustamente la Bbc, che solo in Gran Bretagna vivono più di 600mila italiani, il cui voto secondo alcuni potrebbe essere addirittura decisivo.
Se si guardano gli articoli più recenti (pubblicati sul più famoso motore di ricerca nelle ultime 24 ore), è un florilegio di titoli che riprendono quello del Financial Times, che ha allarmato sul fatto che “Fino a otto banche italiane potrebbero fallire se Renzi perde il Referendum”, mentre The News Journal Search UK parla di “Populisti” che si mantengono “composti in attesa di una larga vittoria”, con la cronaca della manifestazione del No davanti a Montecitorio, e c’è anche chi fa notare che “l’euro si rafforza in attesa del Referendum italiano” oppure che “il mondo degli investitori prevede una vittoria del No” e per questo starebbe già riducendo il suo impegno nel paese.
Fine dell’euro, Brexit o reazioni modeste?
Ampliando il raggio, l’americano Bloomberg si chiede “Cosa significherà il referendum italiano per l’euro?”, mentre l’Independent afferma che la consultazione “potrebbe essere l’inizio della fine dell’eurozona” e l’Irish Times ricorda la “chiamata agli elettori” di Silvio Berlusconi per votare No: tutti aspetti poco indagati in Italia, dove si oscilla tra promesse di aumenti in busta paga per lavoratori pubblici e pensionati, da parte di Renzi, ed epiteti come “scrofa ferita”, indirizzati al premier da Beppe Grillo. Praticamente tutti i siti finanziari hanno articoli sul referendum e le sue conseguenze per mercati e investitori, spesso segnalando il “crollo delle azioni bancarie” dovuto ai timori di una vittoria del No, e c’è chi parla addirittura di “Brexit moment”, paragonando il 4 dicembre alla consultazione che di fatto ha sancito l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea. In Inghilterra c’è perfino chi scrive a caratteri cubitali (il Daily Express) che “l’euro è finito”, aggiungendo che “l’opposizione italiana vuole le dimissioni di Renzi e l’uscita dalla moneta dopo il referendum” (con particolare riferimento al leghista Salvini), ma non manca nemmeno chi, come l’autorevole Reuters, minimizza le conseguenze del risultato, parlando di “reazioni modeste dai mercati”. Per trovare un’analisi un minimo più “politica” e meno incentrata sul portafogli, bisogna rivolgersi al Guardian: lo storico quotidiano della sinistra britannica scrive che “dopo la vittoria di Trump, il referendum in Italia è visto come un test sulla crescita del populismo”, e cita un analista italiano di Open Europe, secondo cui molti italiani semplicemente “non pensano” che il voto avrà un grande impatto, tantomeno a livello internazionale.
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