Biodiversità: il Wwf racconta quella sarda
- Scritto da Effe_Pi
L'isola tra le regioni d'Italia più ricche di specie animali e vegetali tipiche, dal cervo sardo al fenicottero.
La Sardegna è una delle zone d’Italia più importanti dal punto di vista della biodiversità, con molte specie “esclusive”, tante altre condivise con pochi territori e purtroppo anche qualche scomparsa. Lo dice il primo Rapporto sulla biodiversità presentato dal Wwf (World wildlife fund), realizzato dall’associazione ambientalista con il contributo della Società Italiana di Ecologia. In Sardegna (come anche in Corsica) a consentire la presenza di una “fauna caratteristica” è stata l’assenza di molte specie “ben distribuite” nella penisola, come “le vipere (Vipera sp.), le rane (Rana sp.) e gran parte dei mammiferi terrestri”; ad aiutare, anche “alcune presenze esclusive” come il geco tarantolino (Phyllodactylus europaeus) e i discoglossi del gruppo sardo corso (Discoglossus spp.). Il discoglosso, un rospo autoctono isolano, deve il suo nome “alla particolarità di avere la lingua a forma di disco fissata al pavimento della bocca e quindi non può essere estroflessa come fanno invece rospi e rane”.
Molte delle specie tipiche sarde vengono dal Maghreb, che ha un forte influsso faunistico su tutto il sud Italia, come dimostrano le presenze “del gongilo (Chalcides ocellatus) e forse quella dello stesso istrice (Histrix crystata)”, ma ancor più il “caso della farfalla Danaus chrysippus che con il favore dei venti meridionali a più riprese ha varcato il mare e si è insediata in Sicilia, in Sardegna e nell’Italia centro meridionale”. Molte sono quindi le specie alloctone, non originarie dell’isola, un fenomeno antico frutto dell’attività dell’uomo “volontaria e involontaria, iniziata almeno in epoca fenicia e romana con i trasferimenti di daini (Dama dama) dal Medio Oriente al Mediterraneo occidentale e la colonizzazione della Sardegna con specie come il cervo (Cervus elaphus) e il ghiro (Glis glis)”. In particolare, il cervo sardo (Cervus elaphus corsicanus) è di solito considerato un abitante esclusivo della Sardegna, e si distingue dalla specie nominale europea per alcuni caratteri morfologici “come adattamento alle condizioni di insularità”. In particolare, le dimensioni del corpo “sono inferiori rispetto a quelle del cervo europeo. Le corna, presenti solo nel maschio, differiscono da quelle dell’europeo per le dimensioni, raggiungendo una lunghezza massima di 70 cm ed un peso di circa 1 kg per asta, rispetto agli oltre 8 kg della nominale”. Nonostante il notevole incremento numerico, il cervo sardo “non si può dichiarare fuori pericolo”, non è quindi un caso “se è ancora inserito nella Lista Rossa dell’IUCN”, per quanto esistano progetti di ripopolamento come quello delI’ISPRA, che nei prossimi anni si spera migliorino la situazione.
Altra specie tra le più note diffuse in Sardegna sono i fenicotteri, giunti nel 1992 a seguito di “una drammatica siccità” che colpì l'Europa meridionale e in particolare il parco della Camargue in Francia, la più importante zona di riproduzione dei fenicotteri in Europa. Distese di limo asciutto e screpolato “presero il posto di quel paradiso naturale un tempo pieno di vita e i fenicotteri furono costretti ad abbandonare i loro nidi e a disperdersi in tutto il Mediterraneo, alla ricerca dell’ acqua”. Uno stormo si fermò negli stagni di Cagliari che in quel periodo erano “così accoglienti che le coppie sfrattate dalla Francia decisero di costruire lì i loro caratteristici nidi e subito dopo vi deposero le uova”. Fu così che per la prima volta il fenicottero nidificò in Italia. I piccoli fenicotteri furono contrassegnati con un anello colorato e numerato e fu possibile seguire anno dopo anno, i loro spostamenti. Così, quando l'acqua tornò in Camargue e i fenicotteri ripreso la via della Francia, si scoprì che “molti preferirono restare in Sardegna. Continuarono a nidificare nelle saline di Cagliari e i loro figli poco a poco invasero anche la penisola”. Altri uccelli presenti solo nell’isola sono la ghiandaia di Sardegna (Garrulus glandarius ichnusae) e l’astore sardo (Accipiter gentilis arrigonii), ben distinte anche dal punto di vista morfologico, mentre purtroppo risulta estinto l’avvoltoio monaco (Aegypius monachus), che nidificava nei boschi della Sardegna fino al 1950 circa: la sua scomparsa è imputabile alla persecuzione dell’uomo. In Sardegna negli ultimi 20 anni sono arrivati anche gli aironi guardabuoi (Ardeola ibis), prima presenti solo “in Francia o in Spagna se non in Africa”. Oggi si sono diffusi anche fuori dall’isola, ma la prima colonia fu segnalata negli stagni di Molentargius.
Ancora, la Sardegna è nota per le particolari specie di tartarughe, come la Testudo graeca, i cui nuclei più importanti sono nell’isola, ove “sono stati osservati anche eventi riproduttivi”. Discorso analogo vale per Testudo marginata, una “specie alloctona introdotta dall’uomo nell’antichità e oggi acclimatata in varie aree della Sardegna, ove sono presenti popolazioni di una certa consistenza”. Infine, discorso a parte merita la vegetazione, visto che nell’isola tutte le serie cartografate sono esclusive del territorio sardo, “ad eccezione del Galio scabri - Querco ilicis sigmetum, presente anche all’Isola d’Elba e del Pistacio lentisci - Pino halepensis sigmetum, con un unico poligono di circa 990 ettari che nel resto del territorio italiano è presente solo in Puglia”. Le cause, il “maggior isolamento dell’isola” e la “diversa origine tettonica e paleogeografica del distretto sardo-corso”.