A Ferrara il giornalismo racconta il mondo di oggi
- Scritto da Effe_Pi
Lo scorso weekend la decima edizione del Festival organizzato dalla rivista Internazionale con cronisti di tutto il mondo per uno sguardo globale sulla realtà di oggi.
Un appuntamento che si rinnova per gli appassionati di un giornalismo che guardi al mondo: è il Festival di Internazionale, giunto alla decima edizione e organizzato dall’omonima rivista insieme al comune della città emiliana. Anche quest’anno il successo della kermesse si è confermato, con 71mila presenze e il tutto esaurito in città, nonostante il maltempo abbia disturbato la serata clou del sabato: assoluto protagonista, come al solito, è stato il racconto del mondo degli ospiti italiani e stranieri che un pubblico incoraggiante, costituito soprattutto da giovani e giovanissimi, ha ascoltato con attenzione cercando in tutti i modi di interagire. Si è parlato ad esempio di Egitto, ricordando con i suoi genitori il giovane ricercatore Giulio Regeni, scomparso al Cairo e ritrovato morto dopo essere stato torturato: uno dei momenti più toccanti, in cui i Regeni hanno consegnato il premio per il giornalismo di inchiesta dedicato ad Anna Politkovskaja a Hossam Bahgat, reporter egiziano, con il pubblico del cinema Apollo che ha tributato loro oltre 5 minuti di applausi commossi.
Dan Savage il sesso e la politica
E’ difficile isolare i momenti più importanti in questo turbinio di eventi, spesso sovrapposti anche nell’orario, visto che a Ferrara si sono alternati oltre 240 ospiti provenienti da 31 paesi e da 5 continenti, per un totale di 250 ore di programmazione e 120 incontri in soli tre giorni. Il momento di maggior successo è stato forse l’incontro nella grande piazza Municipale con il giornalista americano Dan Savage, vero “guru” del sesso per tutti i lettori di Internazionale (e non solo), visto che dalle colonne del settimanale risponde alle più imbarazzanti questioni sulla vita intima con la rubrica “Savage Love”. Molte centinaia di persone hanno gremito la piazza, e Savage, intervistato da Claudio Rossi Marcelli, non ha certo deluso le aspettative, spaziando dalle usanze legate al sesso nelle nostre società (dalle App per incontri al significato della monogamia) fino alla politica americana, con giudizi taglienti e ironici sulla sessualità di Donald Trump e Hillary Clinton, e alla sua esperienza di omosessuale in un’America che da questo punto di vista è molto cambiata nel corso dei decenni. Savage ha vissuto in prima persona tutta la battaglia per i diritti civili negli USA, come attivista della comunità LGBT, e oggi oltre a essere sposato ha un figlio di 19 anni (rigorosamente etero, precisa lui) che, racconta, prima di essere accolto nella sua famiglia è stato abbandonato “da ben tre coppie eterosessuali”. Gustosa anche la storia di come Savage abbia avviato e condotto una campagna (di gran successo) che ha praticamente compromesso la carriera del politico repubblicano omofobo Rick Santorum, dopo alcune sue pesanti dichiarazioni anti gay.
Giornalismo e battaglie ambientali
Si è parlato di fumetti, si sono visti documentari, si è partecipato a visite guidate e dibattiti, con alcuni argomenti particolarmente sentiti, come quello dell’accoglienza ai migranti, il populismo e il suo successo nei paesi avanzati, il futuro del giornalismo dopo la crisi della carta stampata e le tematiche ambientali, toccate più volte, con un culmine nel dibattito con l’attivista honduregna Bertha Isabel Zùniga Cáceres, figlia della quasi omonima Berta, uccisa mesi fa per la sua battaglia contro la diga Agua Zarca, considerata una minaccia per il territorio, per gli indigeni e il loro fiume, che nella loro tradizione custodisce gli spiriti protettori della comunità. Sotto accusa le multinazionali che volevano questo intervento speculativo, simile a molti altri che si vedono in Sud America ma anche nel resto del mondo, Sardegna compresa: non è certo un caso che, secondo Global Witness, nel 2015 siano stati uccisi 185 attivisti ecologisti, 69 in più dell’anno precedente, e che proprio l’America Latina sia il continente con più vittime. Un vero neocolonialismo che colpisce, con la massima violenza, nelle zone in cui si vuole speculare con centrali elettriche, miniere o altre strutture ad altissimo impatto ambientale; in alcuni casi, come ha raccontato Flaviano Bianchini della Ong Source International, si arriva perfino a fomentare la crescita di gang criminali che portino una sorta di guerra civile sul territorio, per vincere la resistenza della società e potersi impadronire più facilmente delle risorse. Il tutto, non di rado, con la complicità attiva dei governi interessati.