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Vincenzo Onorato: “Sulla battaglia per i marittimi italiani non mollo”

  • Scritto da Effe_E

Intervista al patron di Moby e Tirrenia. Nuove linee da Genova, mini-crociere, la Sardegna in ripresa, strategie future incluse quelle su Cuba e lo scontro sulla bandiera tricolore e relativi sgravi e defiscalizzazione.

Da La Stampa | Fabio Pozzo

Vincenzo Onorato s’infervora quando comincia a parlare di marittimi italiani, la sua battaglia.

Ci arriveremo, presidente. Parliamo prima delle sue strategie. Su Genova che novità ha?  
«Dal primo settembre apriamo le nuove linee merci da Livorno a Catania e da Catania e Malta. Ho parlato con gli autotrasportatori, hanno insistito per avere una linea da Genova: avranno quattro partenze la settimana per Catania. E poi, il prossimo anno da marzo a giugno, riprendiamo con le mini-crociere, da Genova a Bastia: si parte il venerdì si torna la domenica, con tariffe low cost da 99 euro per persona».

Sul traffico merci si sta muovendo molto. Perché?  
«Il gruppo è sbilanciato sui passeggeri, è bene crescere anche nel merci. Il mercato c’è, e specialmente in alcune aeree della Sicilia e Malta dove esiste un regime di monopolio e dove è quindi più facile inserire nuove linee. I monopoli consentono grandi possibilità di crescita».

Avete aperto anche una linea passeggeri Nizza-Bastia. Ma i protezionisti francesi lasciano agli italiani tutti questi spazi?  
«La nostra strategia è di allargarci su aree limitrofe alle proprie rotte perché più facili da gestire. Non esisteva un collegamento notturno Nizza-Bastia e lo abbiamo fatto. Quanto ai francesi, ci hanno sempre accolto bene. Sul Nizza-Bastia, ad esempio, pensavamo di introdurre catering francese, ma hanno preferito quello italiano delle nostre navi, di Ligabue, che sta con noi dal 1930».

Acquisizioni, rifinanziamento del debito, nuove linee. Qual è la sua strategia in generale?  
«Potenziamento sul merci e nei passeggeri sulla Nizza-Bastia».

Altre linee merci?  
«È interessante la Civitavecchia-Barcellona. Mista, merci e passeggeri».

Cuba?  
«Vogliamo andarci assolutamente. Ma non è cosa da domani mattina. Le crociere funzionano subito, perché offrono uno standard elevato. Per i ferry è diverso: non ci sono ancora le strutture turistiche adeguate a terra. Gli americani, esuli inclusi, sono abituati a qualità più alta, mentre i cubani non hanno ancora risorse per fare turismo negli Usa. Senza contare i lacci burocratici. Ripeto, ci stiamo lavorando, abbiamo aperto una società negli Usa, stiamo facendo indagini di mercato, ma ci vorrà molta pazienza e molta prudenza».

Torniamo in Italia. La Sardegna?  
«Si sta riprendendo. In questo momento registriamo sul venduto dal 1° gennaio al 31 dicembre un +6% sul 2015: un incremento di oltre 100 mila passeggeri, a 1,8 milioni».

Aumenta anche il fatturato?  
«No, perché le tariffe si sono contratte».

Affrontiamo l’aspetto prezzi: non torneranno più i tempi delle promozioni choc, dell’auto a 1 euro?  
«I tempi sono cambiati, ma le tariffe oggi sono comunque basse. L’equazione è: bunker basso, tariffe basse. Ne abbiamo una da Livorno, Piombino e Civitavecchia a Olbia da 65 euro per auto e due passeggeri. Si lamentano solo i passeggeri, che in alta stagione vogliono prenotare il giorno prima della partenza. No, allora paghi. Funziona come con gli aerei, ormai».

L’anno scorso le tariffe erano più alte.  
«Il doppio. Ma che potevamo fare? Negli ultimi anni avevamo perso tanti soldi».

A guardare gli ultimi conti del gruppo non può lamentarsi. Da dove esce il margine, se le tariffe sono più basse?  
«Dal prezzo del bunker basso, dai volumi e dalla pianificazione e rotazione della flotta».

Parla di volumi. Si è mai pentito di aver acquisito Tirrenia?  
«Ma figuriamoci! Ci vuole massa critica sul mercato».

La compagnia si è rinnovata.  
«È cambiata. Ma deve cambiare ancora, migliorare. Tutto è migliorabile e bisogna migliorare».

Torniamo alla Nizza-Bastia. Che personale imbarcherà?  
«È una linea nazionale francese, potrei imbarcare francesi, ma saranno tutti italiani».

Ecco, ci siamo. La battaglia con Manuel Grimaldi per il personale di bordo italiano. Si dice che dietro a questo scontro ci siano vecchie ruggini personali.  
«Disinformazione. Ci conosciamo da tanto tempo, gli uffici dei nostri genitori erano vicini, divisi da una pizzeria. E, anticipo la domanda, non è nemmeno vero che io me la sia presa perché ha aperto sue linee sulla Sardegna. Non sono così stupido da pensare di avere il monopolio sull’isola: se non fosse venuto lui, lo avrebbero fatto altri. Anzi, quando è partito con le sue linee sarde Manuel mi ha invitato a pranzo in Confitarma e ci sono andato. No, il motivo della mia battaglia è ben più serio di una semplice concorrenza».

Ci togliamo il dente con la legge del 1998? Chi imbarca marittimi italiani beneficia di defiscalizzazione e sgravi.  
«È un legge fatta per difendere i marittimi italiani. Piano piano, però, gli armatori attraverso accordi sindacali, piccole norme ne hanno intaccato, distorto l’essenza. Io ho 4 mila marittimi italiani: che faccio, li mando a casa?».

Economicamente le converrebbe.  
«Un armatore mi ha detto: “ma a te che te ne fotte, sbarchi gli italiani a tremila euro il mese e imbarchi filippini a 500 euro, hai 4 mila marittimi, sono 10 milioni al mese di risparmio”. Ma io ho marittimi che sono con noi da tre generazioni… Che gli dico: andatevene a casa? Sarebbe il fallimento della mia vita. Nel 2007 ho creato una scuola vela a Napoli per i ragazzi di strada, bambini che pensano che il mondo sia il proprio quartiere, che stando nell’hinterland napoletano non hanno mai visto la città, il mare. L’obiettivo è aprire gli occhi a questi ragazzi e, poi, offrirgli un posto di lavoro. Sulla mia pagina Facebook ricevo 50-100 domande al giorno. Rispondo che non c’è posto ed è una mortificazione quotidiana».

E allora?  
«E allora divento bolscevico. La disoccupazione è una vergogna: noi armatori non paghiamo le tasse e non diamo nemmeno lavoro. E legalizziamo la schiavitù, imbarcando personale extracomunitario che non può nemmeno scendere a fumare una sigaretta».

Se l’è presa anche con le crociere, con Costa e Aida. Dicono che ci sia dietro la sua alleanza con Gianluigi Aponte.  
«Aponte ha ragione su certi temi. Io dico che siamo diventati un paradiso fiscale e un Paese generoso: non facciamo pagare le tasse nemmeno agli stranieri, che hanno il tricolore a poppa e pochi italiani a bordo. Parlano del rischio di perdere la bandiera italiana: ma è già persa, se non c’è un collegamento con l’occupazione. Io ho studiato dai gesuiti: mi dicevano di guardare alla sostanza delle cose non alla forma».

Soluzioni?  
«Vuoi conservare il privilegio della defiscalizzazione e degli sgravi? Bene, imbarca italiani. Nel caso delle navi da crociera posso anche pensare a una quota del 30%, ecco. Non vuoi? Allora imbarca extracomunitari, con contratti dignitosi, con corsi di formazione alle spalle, altra vergogna per altro questa perché se li pagano i marittimi e sono impartiti dagli armatori, e paga le tasse. Sulla qualità del personale dovrebbe intervenire anche l’Ue, così maniacalmente attenta giustamente sulla sicurezza e sull’inquinamento. Le navi non sbagliano, nel 99% degli incidenti l’errore è umano».

Come finirà la battaglia?  
«Io non mollo, sono come un mastino napoletano. Non mollo per la mia gente. Ho dato spazio ai miei figli, perché è venuto il loro tempo, io il mio l’ho fatto e devo fare altro. Mi sono tenuto la presidenza solo per portare avanti questa battaglia».

Foto: CC0 Public Domain | Pixabay