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Hotel Riva Smeralda - Storie e misteri della mafia “minore”

  • Scritto da Effe_Pi

Heroin Withdrawal - What to Expect | What to expect with her… | FlickrAncora una storia di mafia “minore” da Serpico, che racconta una grande operazione a Palermo che costò la vita come spesso capita a un innocente.

Di Serpico

Sono tanti gli eroi silenziosi coraggiosi e onesti hanno pagato con la vita il loro disinteressato impegno antimafia. Non sono stati previsti per loro i funerali di Stato, film, cerimonie e sfilate di autorità, forse neppure una strada o una piazza gli verrà mai dedicata. Eroi per caso, per circostanze della vita. Eppure il loro prezioso contributo è stato tante volte determinante per risolvere casi o condurre indagini difficili nel difficile mondo delle cosche, dove ci si muove sapendo di essere in territorio nemico.

La vicenda ha come sfondo una Palermo che cambia i suoi connotati urbani e volta le spalle al mare. Il “sacco di Palermo” ossia la più grande speculazione edilizia mai avvenuta, determina la demolizione di ville e costruzioni in stile liberty che avevano reso la città una delle più affascinasti d’Europa. Brutti ed enormi palazzoni in cemento armato vennero edificati in pochissimo tempo. Le concessioni edilizie rilasciate finirono ai soliti noti, le solite aziende in odore di mafia. Il sistema degli appalti era piegato allo strapotere delle cosche. In seguito si scopri che l’immane numero di concessioni rientrò nell’orbita di tre o quattro palazzinari, dietro i quali si annidavano ovviamente gli interessi di tutti i boss palermitani.

Alla fine degli anni settanta la Sicilia diventa poi anche il centro nevralgico del traffico mondiale dell’eroina. Affari stratosferici, denaro da investire e ripulire in altre attività. Il clan dei siciliani riuscì a soppiantare i Marsigliesi, che erano in realtà quattro famiglie corse. Joseph Cesari, il chimico, venne arrestato nel 1964 dopo che la polizia scoprì un’importante raffineria. Successivamente si suicidò in carcere, dopo un altro arresto nel 1972, lasciando orfani i suoi eredi. Forti dei legami con i parenti oltreoceano, i Gambino, gli Spatola, gli Inzerillo e i Badalamenti si buttarono a capofitto nel traffico di droga. Gli States erano infatti (e lo sono ancora) il più grande mercato del mondo.

Del fatto che le raffinerie fossero state trasferite dalla Francia alla Sicilia si convinse pure il mitico capo della squadra mobile di Palermo, Boris Giuliano. Grazie al suo fiuto investigativo aveva intuito che era in atto un cambiamento degli assetti e nei traffici di Cosa Nostra. La scoperta, all’aeroporto di Punta Raisi, di una valigia piena zeppa di dollari coincide con il sequestro del corrispondente quantitativo di eroina che i siciliani mandarono ai loro parenti mafiosi americani. Non c’erano più dubbi sul fatto che i clan siciliani, soppiantati i marsigliesi, fossero i leader incontrastati del traffico mondiale di eroina. Le raffinerie erano state trasferite in Sicilia.

Per questa scoperta Boris Giuliano venne assassinato da un killer solitario all’interno del bar Lux di Palermo, nel 1979. Stessa sorte toccò l’anno dopo al capitano dei carabinieri Emanuele Basile. Nell’agosto del 1980 arrivarono tre trentenni francesi ad alloggiare nell’Hotel Riva Smeralda di Carini, località balneare poco distante da Palermo. Amichevoli e dai modi gentili, senza dare troppa confidenza e cercando di passare inosservati, trascorrevano le giornate con un tuffo al mare e al ristorante tra vini, gamberi e aragoste. La sera sparivano per “importanti riunioni di lavoro”. I tre giovani erano sbarcati un mese prima a Fiumicino e dietro suggerimento della polizia francese vennero seguiti e attenzionati dalla Criminalpol. Si chiamavano Andrè Bousquet, Daniel Bozzi e Jean-Claude Rannem. Erano chimici di fama internazionale ed esperti trafficanti molto abili e ricercati. Bousquet era diventato abilissimo nel ricavare eroina purissima da modesti quantitativi di morfina-base.

La loro permanenza in quella assolata estate siciliana del 1980 altro non era che un passaggio di consegna e un passaggio di consegne, dai clan dei Marsigliesi ai clan siciliani, che presto sarebbero diventati ricchissimi, più di quanto avrebbero mai immaginato. L’albergatore Carmelo consentì alla polizia di infiltrarsi nell’hotel per meglio controllare i movimenti degli ignari ospiti. I poliziotti si travestirono da baristi, cameriere e donne delle pulizie e riempirono la macchina dei tre di microspie. L’operazione era pronta! A Trabia, grosso centro del palermitano, in un caseggiato ancora in costruzione, si celava una grossa raffineria di eroina. Venne trovato tutto l’occorrente alla produzione, bidoni di acido solforico, acido acetico, stricnina ed altro. Oltre ai marsigliesi vennero arrestati tutti i presenti, compreso il pezzo da novanta della mafia storica dei quartieri di Palermo Geraldo Alberti, “U Paccarè”, boss incontrastato di Danisinni, dove nacque nel 1923.

Dopo un veloce apprendistato da killer emigrò a Milano dove ufficialmente commerciava in tessuti. Faceva parte del gotha della mafia di quei tempi. Era un boss all’antica, schivo e taciturno, e aveva previsto che Cosa Nostra con l’avvento dei feroci corleonesi avrebbe cambiato pelle e sarebbero arrivate grandi tragedie. Era amico di Buscetta e forse anche per questo tentarono di ucciderlo in carcere. Il blitz ottenne il risultato sperato ma la polizia commise un grave errore: gli agenti che fecero gli arresti erano gli stessi che si infiltrarono in albergo camuffati da dipendenti, subito riconosciuti dai mafiosi. Il comportamento dell’albergatore era un pessimo esempio da seguire. Nei suoi confronti venne subito emessa una vera e propria sentenza di morte. Fu Alberti ad ordinare l’omicidio di Carmelo, l’albergatore che aveva messo a disposizione dello Stato il suo piccolo hotel sul mare. L’aveva fatto senza tentennamenti, gli sembrava una cosa giusta e naturale, per un cittadino onesto e disgustato nel vedere lo scempio della sua bella Sicilia.

E il suo apporto fu fondamentale! Il 28 agosto del 1980, quattro giorni dopo il blitz della polizia, due giovanissimi ragazzi abbronzati entrarono nella hall dell’Hotel Riva Smeralda e dopo aver sorseggiato due birre fresche si avvicinarono ad un uomo girato di spalle intento a smistare chiavi e camere. Lo uccisero con tre colpi in faccia. Aveva 46 anni e lasciò una moglie e tre figlie. Solo nel 2017 il comune di Carini gli ha dedicato una targa commemorativa posta proprio dinanzi all'ex hotel Riva Smeralda. La sua storia è stata ricostruita anche dalla serie tv “La Mafia uccide solo d'estate”.

Foto - Lcc