Zone controllate a luci rosse: polemica a Roma
- Scritto da Effe_Pi
Intervista a Matilde Spadaro, la consulente del municipio della capitale dove si sperimenterà per la prima volta in Italia una zona controllata per la prostituzione.
Sta facendo molto discutere il progetto di una zona “a luci rosse” controllata che potrebbe sorgere nei prossimi mesi a Roma, primo esperimento di questo tipo in Italia, mentre ne esistono di simili in tanti altri paesi, dalla Germania all’Olanda fino alla Spagna. Si parla di una realtà che per il momento sarebbe sperimentale, da creare nel municipio IX della Capitale, in particolare nel quartiere dell’Eur, uno di quelli dove oggi c’è già la maggior densità di prostitute in strada. Le reazioni più dure, come un riflesso condizionato, sono arrivate in primis dalla chiesa cattolica (ad esempio da quotidiani come “Avvenire”), ma anche dalla politica, in particolare dalla destra che negli anni scorsi aveva promesso (senza risultati apprezzabili) una linea della “tolleranza zero”. Contrari perfino esponenti dello stesso Partito democratico che guida la città, mentre il sindaco Ignazio Marino ha difeso il progetto. IteNovas ha intervistato Matilde Spadaro, colei che più di tutti ha lavorato sul progetto come consulente del Presidente del IX municipio, Andrea Santoro.
Come spiega questa avversione che più che al progetto sembra rivolta all’idea stessa di riconoscere come reale un problema, quello della prostituzione di strada, che è sotto gli occhi di tutti?
Credo che tutto ciò sia dovuto in massima parte al fatto che il fenomeno della prostituzione su strada è sotto gli occhi di tutti, per cui si può trattarne con grande leggerezza proprio perché esso è estremamente visibile. Ritengo che debba essere compiuta un’opera di seria informazione su questa problematica nei confronti dei cittadini, in primis dalle istituzioni ed in secundis dai media. Ritengo inoltre che nella questione non debba più essere posto in secondo piano lo stretto raccordo esistente con la criminalità organizzata, sia nella gestione del territorio che nella gestione del flusso ingente di denaro che deriva dall’esercizio della prostituzione. E questo non permette di focalizzare con contorni chiari la situazione delle prostitute.
Quali sono i miglioramenti alla vita sociale di una città come Roma che potrebbero venire da un progetto come il vostro?
Indubbiamente va precisato che si tratta di un progetto che potrebbe portare ad isolare il fenomeno dello sfruttamento in un angolo della città. Voglio precisare anzitutto che si tratta di un progetto sperimentale, le cui caratteristiche inizialmente avranno una natura di impatto urbano e in secondo luogo di impatto sociale. Si tratta di un primo tentativo di operare un cambiamento e ciò mette sempre paura. Comunque i risultati sono relativi ad un isolamento del fenomeno, con una iniziale indicazione spaziale in parallelo con una azione di tipo sociale.
Cosa risponde a chi vi accusa di voler creare un ghetto a luci rosse? pensa che ci siano delle connivenze con chi sfrutta questo racket o è un problema culturale?
Intanto all’Eur il ghetto a luci rosse già esiste. Sono 18 strade che vedono il fenomeno della prostituzione sia di notte che di giorno, con trans, donne e uomini prostituirsi quotidianamente. C’è indubbiamente una scarsa conoscenza del fenomeno, e poi si sconta decisamente una inazione da parte della politica, che in tutti questi anni ha solo guardato e messo la testa sotto la sabbia. Non voglio nemmeno ricordare le terribili provocazioni da sceriffo esercitate negli anni scorsi, perché ritengo davvero quell’approccio un inutile tentativo di marginalizzare il fenomeno, il cui fallimento peraltro è sotto gli occhi di tutti.
In generale lei è favorevole a una legalizzazione e riapertura delle case chiuse, magari gestite in cooperative dalle stesse prostitute?
Sono favorevole alla regolamentazione dell’esercizio della prostituzione in case gestite dalle stesse prostitute. Sono altresì favorevole a progetti di inclusione sociale e soprattutto alla diffusione di una cultura dei rapporti umani, intesi allo sviluppo dell’affettività e della consapevolezza dei gesti più che alla mercificazione dei corpi. Si tratta di lavorare a più livelli e qui, davvero, il discorso diventa estremamente complesso. Ma se si vuole tentare di dare una soluzione che sia rispettosa di tutte le persone coinvolte nell’esercizio della prostituzione, a questo fenomeno bisogna assicurare risposte plurime, con il coinvolgimento di tutti gli enti, le istituzioni e i cittadini.