Sei scrittori sardi: insieme un libro per Bitti
- Scritto da Effe_Pi
Si chiama "Sei per la Sardegna" e gli autori dell'isola lo hanno realizzato per il centro del nuorese colpito dall'alluvione.
Un libro da sei scrittori sardi, per aiutare la comunità di Bitti, tra quelle più duramente colpite dall’alluvione dello scorso novembre in Sardegna. Si chiama "Sei per la Sardegna", lo pubblica la casa editrice Einaudi, e i proventi del volume con sei racconti di autori tra i più noti dell’isola andranno al paese del nuorese, visto che sia loro che l’editore hanno rinunciato ai proventi. I sei racconti sono “Un uomo fortunato”, di Francesco Abate, “E se fosse una malattia?”, di Alessandro De Roma, “L’infinito non finire” di Marcello Fois, “Cantata profana. Libretto per musica (1960)”, di Salvatore Mannuzzu, “L’eredità” di Michela Murgia e “Grilli in testa” di Paola Soriga.
Un “instant book a basso costo, da offrire ai lettori perché il loro contributo alla causa degli alluvionati in Sardegna non sembri carità, ma contributo riconoscente”, che raccoglie “racconti e intrusioni poetiche, mai ammiccamenti o perorazioni”, partendo dal presupposto che come recita l’antica saggezza dei sardi l’acqua ricorda, “S’abba tenet memoria”, quindi “nonostante le siccità, nonostante le costrizioni, nonostante gli interventi, più o meno onnipotenti degli umani, lei ritorna sempre, esattamente, ostinatamente, al suo alveo”. A farcela ritornare è una specie di istinto primordiale, come “un pianto che non si riesca a trattenere. All’uomo spetterebbe di considerare quest’istinto, che è anche suo, della sua carne, e costruire il suo progresso senza che questo diventi una bomba a orologeria”.
Nella presentazione del volume si ricorda come “l’alluvione che ha colpito la Sardegna dimostra quanto possa costare, anche in termini di vittime, lasciare che il proprio territorio divenga il campo di battaglia di una guerra tra lo sviluppo malinteso e le forze della Natura”. Un’alluvione che ha seguito un lungo periodo di siccità, con la pioggia che si è schiantata “su una terra che il secco, e l’uomo, avevano radicalmente modificato”. Un modo per ribadire, insomma, che non esistono calamità di questo tipo che siano veramente, e del tutto, naturali, visto che “la saggezza dei popoli si spinge sino a capire che qualunque evento eccezionale diventa mortale quando l’uomo ci mette del suo”.
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