Mentre dorme il pescecane di Milena Agus
- Scritto da Effe_E
In Mentre dorme il pescecane si parla molto di sesso, di morte, e di Dio, di cui non si riesce mai a decidere se c'è o non c'è, se vuole o non vuole, e della vita, che è come stare in bocca a un pescecane.
Incipit
1. La famiglia Sevilla Mendoza
In realtà la nostra non è affatto la famiglia Sevilla Mendoza. Siamo sardi, ne sono sicura, sin dal paleolitico superiore.
È mio padre che ci chiama così, con i due cognomi più comuni laggiù. Ha viaggiato tanto e il suo mito è l'America, ma non quella a Nord, ricca e fortunata, quella del Sud, povera e sfigata. Quando era ragazzo diceva che ci sarebbe tornato da solo o con la donna che avrebbe sposato, con cui avrebbe condiviso gli ideali e l'avventura di provare a salvare il mondo.
A mamma non ha mai chiesto di accompagnarlo.
Lui è andato ovunque c'era bisogno di aiuto. Ma mai con lei, che ha troppa paura dei pericoli ed è sempre senza forze.
A casa nostra ciascuno insegue qualcosa: mamma la bellezza, papà il Sud America, mio fratello la perfezione, zia un fidanzato.
Io scrivo storie, perché quando il mondo di qua non mi piace, mi trasferisco nel mio e sto benissimo.
E il mondo di qua ha tante cose che non mi piacciono.
Anzi, direi che lo trovo brutto e decisamente preferisco il mio.
Nel mio mondo c'è anche lui che ha già una moglie.
Non devo assolutamente dimenticare quello che ha detto.
"Giurami che non vorrai avere una relazione sentimentale con me"
E io: "Lo giuro"
"Il nostro sarà un rapporto animale e non vegetale"
"Un rapporto animale"
"Due cani che scodinzolano quando si vedono e si odorano il culo"
"Per te sono bella?" gli chiedo.
"La più bella che c'è qui"
"Ma ci sono solo io"
"Embè?"
"Ti prego, dimmi se per te sono bella"
"Il tuo culo è il migliore del mondo"
Ma la mia idea dell'amore non può essere di solo culo.
"Il mio viso, ti piace il mio viso?"
"Con un culo così cosa me ne frega del viso. E poi, se c'è una cosa che mi fa girare i coglioni, è fare i complimenti a comando"
Allora smetto, perché non voglio fare come mamma.
Nonna racconta che mamma è sempre stata un po’ pallosa. Quando era piccola, prima di andare a letto, salutava i genitori con un bacio e la Buonanotte. Loro magari erano stanchi e rispondevano in tono distratto "Buonanotte"
"Datemi una buonanotte bella!" implorava la bambina.
"Buonanotte" Facevano loro un po’ irritati.
"Non così, non così! È ancora più brutta di prima!" Si disperava e piangeva sino a quando i nonni, esausti, non gliele davano di santa ragione.
Soltanto allora, senza scampo, si addormentava.
Si alza all'alba e se ne va nella terrazza col secchio di varechina e la scopa, per pulire le 'cacchette dei piccioni. Ma anche con loro è gentile. Li invita ad andar via costruendo ai lati una barriera di piante spinose rosse e bianche, perfettamente intonate alle mattonelle del pavimento. O appende ai fili delle buste, che li spaventano con il loro fruscio. E anche tutti gli altri fiori sono rossi e bianchi: i gelsomini, le rose, i tulipani, le fresie, le dalie.
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La storia di una famiglia, la famiglia Sevilla Mendoza, sarda "sin dal paleolitico superiore", padre, madre, figlio, figlia, zia e nonna.
Chi narra è la figlia che ama un uomo sposato dai gusti perversi, ma di amore si parla molto, e si parla molto di sesso, e di morte, e di Dio, di cui non si riesce mai a decidere se c'è o non c'è, se vuole o non vuole, e della vita, che è come stare in bocca a un pescecane, che a volte si addormenta, e allora, se hai fortuna, riesci a sgusciarne fuori.