Un diplomatico sardo ha rilanciato i rapporti tra Italia e Cina
L'ambasciatore nel paese asiatico è Ettore Sequi, originario di Ghilarza, che di recente ha ricevuto il premio “Noi sardi nel mondo” per aver portato lustro alla sua terra.
di Elenoire Laudieri
Non sorprende che l’ambasciatore Ettore Sequi abbia ricevuto il premio “Noi sardi nel mondo”, conferito ogni due anni a personalità di origini sarde che si siano distinte in vari campi, portando lustro alla Sardegna in Italia e nel mondo.
Nato a Ghilarza - antica città della provincia di Oristano, dove sono nati o si sono formati nel corso dei secoli notevoli figure di giuristi, medici, diplomatici, studiosi e letterati tra cui spicca quella del grande e perseguitato uomo politico, filosofo e saggista Antonio Gramsci che a Ghilarza trascorse gli anni dell'infanzia e dell'adolescenza - Ettore Sequi ha reso e sta rendendo pieno onore alla regione e alla sua città natia.
Tali sono la sua esperienza e le sue capacità diplomatiche che quando ricevette, dall’allora ministro degli esteri ed oggi presidente del consiglio Paolo Gentiloni, l’incarico di ambasciatore in Cina, fu un chiaro segnale della priorità che il governo italiano finalmente tornava ad attribuire alla Cina dopo un periodo di relativa stasi nei rapporti tra le due nazioni.
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L’instabilità politica, unita alla debolezza strutturale di un Paese minacciato da attacchi speculativi e fiaccato da una diffusa atrofia nelle istituzioni centrali, non avevano consentito all’Italia di sviluppare rapporti con Pechino paragonabili a quelli di Regno Unito, Francia o Germania.
La designazione di Ettore Sequi, che svolgeva le funzioni di capo di gabinetto dello stesso ministro Gentiloni, significava mandare a Pechino uno dei più autorevoli ed efficienti esponenti della diplomazia italiana.
Oggi, a distanza di due anni dall’inizio della sua missione, i rapporti dell’Italia con la Cina sono in piena fioritura e abbracciano ogni campo, da quello economico e commerciale a quello scientifico, tecnologico e culturale. Le esportazioni, dopo essere cresciute del 7% nel 2016, nel primo trimestre di quest’anno hanno registrato un’impennata del 27% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Le visite in Cina di delegazioni governative ed industriali italiane, molte delle quali da lui promosse e organizzate, non si contano ed hanno preparato il terreno alla visita di Stato, nel febbraio scorso, del presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante la quale sono stati firmati accordi commerciali del valore di 5 miliardi di euro.
Più recentemente, la partecipazione al “Belt and Road Forum” di Pechino di Paolo Gentiloni - unico capo di governo di una nazione dell’Occidente presente all’evento - ha conquistato all’Italia un ruolo preminente, tra i Paesi europei, nel colossale progetto per la realizzazione della nuova via della seta per il quale la Cina sta mettendo in campo enormi investimenti mirati a potenziare i collegamenti infrastrutturali, marittimi e terrestri, tra Asia e Europa.
Non è nelle finalità di questo articolo fare un resoconto dettagliato dell’opera sin qui svolta da Ettore Sequi come ambasciatore italiano in Cina, tanto più che l’opera è ancora in corso. L’intento è bensì quello di evidenziare il rapporto con la sua natia Sardegna che, pur nel perseguimento dell’interesse generale dell’Italia, trova espressione nel suo lavoro diplomatico.
Non è un caso se, nel novembre dello scorso anno, il presidente Xi Jinping, massima autorità della Repubblica Popolare Cinese, in viaggio verso il Sudamerica per partecipare al vertice Apec di Lima, volle fare sosta in Sardegna con tutto il suo seguito di ministri, funzionari di stato, imprenditori e giornalisti che richiese l’impiego di ben due Boeing 747 dell’aviazione civile della Cina.
Perché sostare in Sardegna se non per un suggerimento dell’ambasciatore Sequi, allorché dall’incontro dell’allora premier Matteo Renzi con Xi Jinping in occasione del G20 di Hangzhou scaturì l’idea di una visita non ufficiale in Italia del presidente cinese sulla via del suo viaggio in Sudamerica?
Un’idea che Renzi non esitò a sostenere e che consentì a Sequi di prendere, come si dice, due piccioni con una sola fava: il consolidamento dei rapporti tra Italia e Cina attraverso un incontro al vertice informale e quindi improntato alla massima cordialità e l’opportunità offerta all’amministrazione sarda di mettere davanti agli occhi del presidente cinese e al suo folto seguito, uno squarcio dello straordinario patrimonio culturale, archeologico, paesaggistico e gastronomico di questa stupenda regione insulare d’Italia.
La sosta per quanto breve di Xi Jinping ha portato ulteriore acqua al mulino dei legami economici, industriali e scientifici con la Cina che la Sardegna sta da tempo alimentando specie nel settore delle tecnologie informatiche e in quello agroalimentare. Basti citare l’esempio di Huawei, leader mondiale nel mercato delle telecomunicazioni, che ha destinato al parco tecnologico di Pula investimenti di oltre 20 milioni di euro o quello dell’azienda lattiero-casearia Alimenta che esporta in Cina una parte cospicua della sua produzione di latte ovino in polvere per neonati e che grazie a un accordo con la cinese Blu River Dairy ha pianificato per i prossimi dieci anni investimenti in Sardegna per 40 milioni di euro. Ugualmente importanti gli investimenti cinesi nell’osservatorio astronomico di Pranu Sanguni in provinca di Cagliari che è dotato del più grande radiotelescopio d’Europa.
Il ruolo dell’ambasciatore Sequi è stato inoltre fondamentale per il risalto ottenuto in Cina da un ciclo di conferenze tenute da tre studiosi sardi lo scorso maggio a Pechino e Shanghai sulle gigantesche statue di epoca nuragica rivenute in una località del comune di Cabras. L’iniziativa ha tratto spunto dal fatto che nello stesso mese e nello stesso anno (marzo 1974) del ritrovamento in Sardegna dei primi esemplari dei cosiddetti “Giganti di Mont’e Prama”, in Cina vennero alla luce i primi “guerrieri di terracotta” nei pressi di Xian, capoluogo della provincia nordoccidentale di Shaanxi. Non solo, ma ad effettuare la scoperta fu, in entrambi i casi, un contadino - quello sardo mentre stava dissodando la terra e quello cinese impegnato a scavare un pozzo.
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I due ritrovamenti costituiscono un chiaro esempio di quei fenomeni, ricorrenti più di quanto non si sia inclini a riconoscere, che Jung descriveva come “coincidenze significative” ovvero l’occorrenza sincronistica di due eventi che avvengono contemporaneamente senza che vi sia alcuna connessione né vicinanza tra di loro ma appartenenti a un medesimo contesto o contenuto significativo.
Uno dei tre studiosi che hanno tenuto le conferenze a Pechino e Shanghai, era Raimondo Zucca, insigne archeologo, docente ordinario all’Università di Sassari e direttore del Museo di Archeologia di Oristano nel quale l’ambasciatore Sequi, come ha raccontato in un’intervista, ha riconosciuto uno studente che, più di 40 anni fa, frequentava lo stesso Liceo De Castro di Oristano da lui frequentato e assieme al quale, in una piovosa sera d’inverno, poté assistere alla scoperta di una importantissima necropoli punica nell’Oristanese.
Una coincidenza questa, se non significativa, molto singolare. Forse, come figlio dell’atavica terra sarda, l’ambasciatore Sequi possiede per dote naturale, oltre alla facoltà di mettere in sintonia culture diverse e mondi distanti, quella di sincronizzare il passato con il presente creando basi solide su cui costruire il futuro.
Nella foto in alto: L’ambasciatore Sequi in una conversazione a tu per tu con il ministro degli esteri cinese Wang Yi