Migranti, la strada interrotta
A pochi giorni dal vertice tra Unione europea e Turchia del 7 marzo sulla crisi dei migranti, la situazione in Grecia è sempre più tesa.
Trentamila profughi, soprattutto siriani e iracheni, sono rimasti bloccati nel paese dopo che l’Austria e gli altri stati della “rotta balcanica” hanno chiuso le frontiere. Almeno novemila persone sono accampate al confine con la Macedonia, vicino al villaggio di Idomeni, dove “la pioggia e il freddo stanno rendendo la situazione insostenibile”, riferisce To Vima.
Il quotidiano aggiunge che “sul posto ci sono ong e volontari, ma mancano i medicinali”. Nove bambini sono stati ricoverati per problemi respiratori dopo che la polizia macedone ha disperso con gas lacrimogeni e granate stordenti alcune centinaia di rifugiati che cercavano di abbattere la barriera tra i due paesi.
Circa 300 migranti, in gran parte algerini, marocchini e tunisini, sono invece stati rispediti in Turchia, da dove erano arrivati. Per far fronte a quella che ha deinito “una crisi umanitaria” Atene ha chiesto all’Unione 450 milioni di euro di aiuti di emergenza. Il 2 marzo la Commissione europea ha presentato un piano per “salvare la libera circolazione” garantita dall’accordo di Schengen e per istituire un corpo di guardie di frontiera e di guardacoste europeo incaricato di sorvegliare il conine esterno dell’Unione.
Intanto a Calais, all’altro estremo della rotta dei migranti, è cominciata la demolizione della parte sud della “giungla”, la baraccopoli costruita nei pressi del tunnel sotto la Manica dai profughi diretti nel Regno Unito. Gli sfollati sono stati accolti in un centro provvisorio a Calais, ma – scrive Libération – “centinaia di persone sono rimaste senza un posto dove andare”. Molte di loro si sono spostate nella parte del campo rimasta integra. Nella notte tra il 1 e il 2 marzo, inoltre, un incendio dalle cause ancora non accertate è divampato nella parte destinata a essere demolita.