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Prodotti tradizionali sardi: il cappero di Selargius

  • Scritto da Effe_Pi

I capperi esistono da sempre e si raccolgono nel Sud Sardegna per scopi gastronomici dalla seconda metà dell'ottocento, oggi rischiano di scomparire.

La tradizione vuole che i capperi - di origine antichissima - siano stati introdotti in gastronomia nella seconda metà dell’Ottocento, furono introdotti nella gastronomia. In particolare, una famiglia di origine genovese sembra abbia avuto un ruolo centrale nella diffusione del cappero: la famiglia Dentoni. Domenico Dentoni diede un forte impulso alla coltivazione del cappero quando era sindaco di Selargius.

Le donne selargine acquistavano i capperi dai produttori e li trasportavano con “is crobis” sopra la testa per rivenderli nei mercati di Cagliari. Gli uomini, invece, con l’ausilio del “carro a molle” iniziarono l’esportazione di questo prodotto in tutta la Sardegna, favorendo l’ingresso di questi saporitissimi boccioli nella cucina locale. Si conoscono sei specie diverse di questa pianta perenne che cresce spontanea tra le rocce o nelle mura ricche di calcare.

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La specie più diffusa nel Mediterraneo è la “spinosa”. Il fiore, profumato e appariscente, si compone di quattro sepali carenati, quattro petali oblanceolati bianchi e circa 96 stami filamentosi con sfumature violacee. La fioritura è durevole, inizia da maggio e termina a settembre. I fiori in bocciolo sono i capperi; il frutto è una bacca monoculare (capperone), di colore verde e deiscente a maturità. La pianta cresce nei climi aridi o semiaridi.

Resiste alle alte temperature anche superiori ai 40°C. Predilige terreni sciolti, ricchi di scheletro, di medio impasto e calcarei. Viste le caratteristiche eliofile è bene assicurare alle piante la massima insolazione avendo cura di sceglier terreni con esposizione a sud e riparati dai venti freddi. La raccolta è scalare, ha inizio nella seconda decade del mese di maggio sino ai primi di settembre e si esegue nelle prime ore del giorno e al tramonto. Oggi a Selargius questo cappero rischia di scomparire perché c’è un solo produttore e le quantità raccolte sono molto basse.

Foto | Andrea Fistetto su Flickr