Il ritorno dello zimino sulle tavole sassaresi
- Scritto da Effe_Pi
Torna la specialità di Sassari a base di frattaglie alla brace, messa al bando nel 2001 a causa del morbo della mucca pazza: le sue origini vengono dalla dominazione pisana e genovese e forse hanno radici nel mondo arabo.
Il grande ritorno culinario sardo di questa estate 2015 è sicuramente quello dello zimino, la specialità sassarese a base di interiora bovine, vera passione e simbolo della città. La cosiddetta “ziminadda”, assente dalle tavole dal 2001, causa morbo della “mucca pazza”, è nuovamente legale a partire dal 16 luglio di quest’anno, quando l’Unione Europea ha riconosciuto l’Italia come paese “a rischio trascurabile” per quanto riguarda il pericoloso morbo che terrorizzò il continente tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del decennio scorso. Insieme allo zimino, classica specialità estiva di Sassari, particolarmente diffuso durante la “feshta manna”, vale a dire la discesa dei Candelieri di Ferragosto, tornano in tavola anche altre delizie territoriali come la “pajata” romana, anch’essa finita nella clandestinità da molti anni.
Un piatto quanto mai semplice, nel suo essere gustoso: le interiora vengono infatti tagliate e cucinate alla brace: una volta ben cotta, la carne viene tagliata a pezzettini con le forbici e mangiata rigorosamente con le mani. Niente condimenti: lo zimino si arricchisce solamente di un pizzico di sale e pepe a fine cottura. Solitamente, lo si può servire assieme ad altre carni alla griglia come costine di maiale, salsicce, cordula e fettine di cavallo, oltre a verdure fresche crude o grigliate. Ovvia anche la presenza di abbondante vino rosso. Lo zimino è già tornato quindi ad animare le serate sassaresi, sia nella versione bianca (a base di riccioli, animelle e intestino retto) sia in quella rossa, composta di cuore, diaframma e fegato.
Per chi non amasse questa pietanza, esistono comunque, oltre alle specialità della cucina del Nord Sardegna, una serie di altri “zimini” in altre zone dell’isola e fuori: da quella dell’Anglona, dove si cuociono frattaglie di capretto e agnello col sugo di pomodoro, alla versione “marina” di Alghero, dove con questo termine si intende una zuppa di pesce. In Liguria e Toscana, varie zuppe di verdure, pesce, carne e legumi sono denominate “zimino”; nella prima regione si usano molto seppie e baccalà, nella seconda addirittura la trippa o la carpa. Non a caso, Sassari è una città dall’antica dominazione pisana e genovese, e probabilmente questo genere di “misticanza”, così amata dalla tradizione di una della città più festaiole della Sardegna, è proprio frutto di un retaggio che forse viene a sua volta dalla tradizione araba, costituendo un vero cibo “multiculturale”, utile perfino ad abbattere le barriere in tempi di razzismo e diffidenze.