Carnevali di Sardegna: Thurpos, Orotelli
- Scritto da Gi_Ci
Il Carnevale tradizionale di Orotelli è caratterizzato da due tipi di maschere: sas mascaras de caddu (maschere a cavallo) e sas mascaras de pè (maschere a piedi): tra queste ultime, sos Thurpos sono i protagonisti.
Pubblichiamo un estratto dal volume "Maschere e Carnevale in SARDEGNA" pubblicato dalla IMAGO Multimedia di Nuoro, che ci ha gentilmente concesso la possibilità di diffondere e valorizzare un altro aspetto della ricchezza culturale della nostra Isola: il carnevale sardo e le sue maschere.
Uno degli obiettivi della nostra iniziativa editoriale è la valorizzazione e diffusione delle eccellenze sarde, siano esse culturali, tecnologiche, economiche e imprenditoriali, e la IMAGO Multimedia rientra certamente in una di queste categorie.
Nera la scena, di carbone, dai cupi pastrani d’orbace. Seminatori col volto celato: uomini non più uomini che muggiscono aggiogati, soggiogati da una guida cieca e nervosa. Chi offrirà il vino per placare la sete dei buoi e del mandriano?
I personaggi
Sos Thurpos: il termine significa “i ciechi”, “gli storpi”. Portano l’abito di velluto, i gambali di cuoio (sos gambales) e un lungo pastrano (su gabbanu) di nero orbace, un tempo usato dal pastore nel periodo invernale. A tracolla hanno una bandoliera di campanacci. Il viso è nascosto da uno strato di sughero bruciato e da un cappuccio che scende fino al naso.
Fra gli abitanti di Orotelli è ancora viva la memoria di altre maschere: Erithajos, Tintinnajos, Burrajos. S’Erithaju (il riccio) indossava un saio bianco con cappuccio e portava una collana di tappi di sughero con aculei di riccio.
La rappresentazione
Il rito è incentrato su un corteo, caotico e coinvolgente. Sos Thurpos deambulano a gruppi di tre e inscenano diverse azioni. In un gruppo c’è su Thurpu pastore che infligge colpi alla cieca con il pungolo per governare i testardi Thurpos boes, legati alla fune.
In un altro gruppo su Thurpu massàiu (contadino) ne tiene aggiogati altri due che trainano un aratro lungo la via. Seguono alcuni Thurpos seminatori che spargono crusca lungo il cammino. Ci sono poi sos Thurpos maniscalchi che ferrano su Thurpu boe. Muggendo e sbandando improvvisamente, a causa della loro cecità, sos Thurpos investono il pubblico, che entra così a far parte del gioco. Tentano di catturare una persona con sas sogas (le funi). L’azione termina con sa tenta (la cattura): il prigioniero dovrà offrire da bere se vuole essere liberato.
Il martedì di Carnevale i ruoli s’invertono: saranno sos Thurpos a offrire il vino agli spettatori. Il rito si conclude nella piazza del paese, dove tutti prendono parte a su ballu de sos Thurpos.
Nel frattempo S’Erithaju, strano e misterioso personaggio, insegue le donne, le cattura e le abbraccia per pungerle il seno e far uscire il latte, probabilmente per adempiere ad un rito di fertilità.
Il significato
Secondo alcuni studiosi sarebbe la rappresentazione di un rito propiziatorio, metafora del lavoro contadino incentrata sul rapporto uomo-animale. Non ci sarebbe però nessuna forma d’identificazione misterica dell’uomo con l’animale, come avviene per “s’imbovamentu” di Boes e Mamuthones.
Il rito de sos Thurpos sarebbe più semplicemente la pantomima della lotta contro i proprietari dei pascoli, rappresentata attraverso il capovolgimento dei ruoli tra contadino e bue. Questa teoria sarebbe avvalorata dalla storia di Orotelli. Ai pastori del paese, che avevano il privilegio di non dover sottostare ai proprietari terrieri, era concessa una certa libertà di contestare, in modo ironico, lo sfruttamento da parte dei padroni. Così, a partire dalla penultima domenica di gennaio, i pastori attraversavano il paese indossando un pastrano nero con un cappuccio, mimando a gruppi di tre il rito dell’aratura. Ci si prendeva insomma gioco dei padroni, costringendoli poi ad offrire da bere.
Più di uno studioso inquadra però il rito de sos Thurpos all’interno delle celebrazioni per la fertilità e la propiziazione del raccolto, con alcune varianti e peculiarità: l’abito de su Thurpu sarebbe quello del vedovo, figura emblematica di persona resa cieca dal dolore per l’impossibilità di riprodursi e fecondare la terra, costretto ad espiare la sua sterilità.
Il rito d’invocazione della pioggia e del risveglio della natura non prevede il sacrificio della vittima, anche se un tempo il baccanale di Orotelli terminava coi funerali di Jorzi, il fantoccio di Carnevale.
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