Le margherite sono fiori petalosi: la Crusca risponde al piccolo Matteo
- Scritto da Effe_Pi
Il prestigioso istituto per la salvaguardia e lo studio della lingua italiana risponde a uno studente elementare per incoraggiarlo a diffondere la "sua" nuova parola.
Di Paolo Ardu
“Caro Matteo, la tua parola è ben formata (...), bella e chiara”. Così inizia la lunga lettera con cui l'Accademia della Crusca, il celebre istituto nazionale per la salvaguardia e lo studio della lingua italiana, risponde a Margherita Aurora, insegnante della Terza C, la classe del piccolo Matteo nella scuola elementare “Marchesi” di Copparo, provincia di Ferrara. L'insegnante racconta che “durante un lavoro sugli aggettivi, un suo alunno ha scritto di un fiore che era “petaloso”. La parola, benché inesistente, mi è piaciuta, così ho suggerito di inviarla all’Accademia della Crusca per una valutazione.” Petaloso? In molti sarebbero restati trasecolati (trasecolati?) e, sbigottiti, avrebbero corretto il bambino.
Ma che vuol dire petaloso? “Pieno di petali, con tanti petali” (petalo + oso) e nella sua struttura riprende altri aggettivi quali peloso (pelo + oso, pieno di peli) e coraggioso (coraggio + oso, pieno di coraggio). Ma la cosa che più curiosa della missiva è la spiegazione del come una parola può entrare nel vocabolario. “Bisogna che la parola nuova non sia conosciuta e usata solo da chi l'ha inventata, ma che la usino tante persone e che tante persone la capiscano”. Come nel racconto Drilla di Andrew Clemens, dove un bambino inventa una parola e cerca di farla entrare nel vocabolario. Così la spiegazione al piccolo apprendista termina con un invito all’azione “perché non sono gli studiosi, quelli che fanno i vocabolari, a decidere quali parole nuove sono belle o brutte, utili o inutili”.
“Se riuscirai a diffondere la tua parola fra tante persone e tante persone in Italia cominceranno a dire e a scrivere “Com'è petaloso questo fiore!” o, come suggerisci tu, “le margherite sono fiori petalosi, mentre i papaveri non sono fiori molto petalosi”, ecco, allora la parola petaloso sarà diventata una parola dell'italiano, perché gli italiani la conoscono e la usano” – precisano gli accademici. La lingua è di chi la pratica. E il sardo? “Il sardo non è un dialetto, ma una lingua a sé – scriveva Antonio Gramsci alla sorella Teresina quasi cent'anni fa – “ed è bene che i bambini imparino più lingue, se possibile”, invece di “due gerghi e nessuna lingua”. Perciò “ti raccomando, proprio di cuore, (...) di lasciare che i tuoi bambini succhino tutto il sardismo che vogliono”. Come le farfalle a primavera. Da ieri sera #petaloso è tra gli hashtag più “cinguettati” dalla rete. Su Twitter la Treccani ha rilanciato una poesia di Giacomo Leopardi rivisitata. Una petalosa primavera per l'italiano, una delle lingue più parlate nel mondo.