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Colpevole d’innocenza - La storia di Beniamino Zuncheddu - Prima parte

  • Scritto da Effe_Pi

Decreto carceri: sì definitivo dalla Camera, ecco le principali misureL'incredibile vicenda del pastore di Burcei che ha passato più di trent'anni in carcere per una clamorosa decisione giudiziaria sulla morte di tre persone uccise nelle campagne di Sinnai nel 1991.

Di Serpico

A guardarlo bene Beniamino Zuncheddu appare un uomo mite e silenzioso. È un pastore di Burcei, paese arroccato tra le montagne che guardano Cagliari e il suo golfo. Burcei è il paese dei ciliegi e Beniamino vi è nato e cresciuto e la sua vita, di persona semplice, si è svolta lì, tra la campagna e la famiglia, fino all'inverno del 1991. Oggi ha sessant'anni ma ne dimostra di più, perché quest'uomo dai grandi occhi neri ha sulle spalle un enorme carico di sofferenza. Beniamino Zuncheddu è oggi un uomo libero, dopo aver passato in carcere ben trentadue anni della sua vita. Ha trascorso più tempo dietro le sbarre che fuori. Da innocente!

L'otto gennaio del 1991, nelle montagne di Sinnai, in provincia di Cagliari, si consuma un’efferata strage. In un ovile vengono trucidati a colpi di fucile a tre pastori. Il proprietario Gesuino Fadda, il figlio Giuseppe ed il servo pastore Ignazio Pusceddu. Unico superstite, ma ferito gravemente, Luigi Pinna, il genero di Gesuino. Sono vicini di pascolo di Beniamino e di altri pastori di Burcei. Come spesso accade, i rapporti tra vicini di pascolo i rapporti sono tesi. Sconfinamenti di bestiame, dispetti e litigi, ma nulla di così grave da trovare un epilogo drammatico come la morte dei tre.

Il superstite venne subito interrogato dai carabinieri e nella sua testimonianza affermò di non aver riconosciuto l'assassino, che era a viso coperto. Nel frattempo le indagini passarono dai Carabinieri alla Questura di Cagliari. Una volta trasferito in ospedale Pinna venne nuovamente interrogato. La sua versione cambiò radicalmente. Affermò non solo di aver visto il killer in faccia ma fece addirittura il nome di un pastore della zona, Beniamino Zuncheddu. Un mistero che qualcuno spiega con forti pressioni da parte di uomini delle forze dell’ordine, anche se non esistono condanne o procedimenti in corso per questo aspetto della vicenda. L'inchiesta venne frettolosamente chiusa, ed è l’inizio di un incubo senza fine. Le prove di minacce che Beniamino avrebbe rivolto alle vittime prima del fatto delittuoso sono frutto di confidenze inattendibili, frammentarie e approssimative. I rilievi e i sopralluoghi, come tutte le verifiche su dinamiche dell'agguato, superficiali e incompleti. A dispetto della nota lentezza della giustizia italiana, dopo soli otto mesi il pastore è condannato all'ergastolo in primo grado. In due anni tra Appello e Cassazione il "fine pena mai" diventa definitivo. Beniamino è incredulo, distrutto e frastornato e si proclama incessantemente innocente.

Gli sembra di vivere un film o un brutto sogno, invece è tutto così drammaticamente vero e assurdo per tutti, Tranne che per la magistratura e chi ha condotto le indagini. Caso risolto a tempo di record, medaglie al valore ai protagonisti e colpevole assicurato alla giustizia. Circostanza abbastanza rara in Sardegna, dove molti omicidi maturati in certi ambienti restano insoluti per sempre. Episodi criminali visti e recepiti come istintivi, ancestrali mentre si è di fronte nell’isola a fenomeni organizzati, seppure non qualificabili come mafie. Una criminalità di livello, da non sottovalutare, in quando gode di appoggi e agganci in ambienti lontani e diversi dal difficile mondo delle campagne. E gli anni 90 sono anni caldi in Sardegna. Omicidi e sequestri.

Infatti, nella zona dove si consuma la strage avviene anche un rapimento. Il possidente Gianni Murgia, di Dolianova, venne rapito in una località non molto distante dall'ovile dei Fadda. Ma questo grave episodio non verrà collegato con il triplice omicidio. Successivamente i fatti dimostreranno l’esistenza di una connessione. Nella zona grigia dei sequestri si muovono tanti personaggi. Trattative, intermediari, confidenze, lettere anonime e uomini di dubbia moralità ne influenzano gli esiti, spesso drammatici. Le indagini si muovono anche attraverso l’utilizzo di informatori e delatori. Spesso i banditi sono informatori di forze dell’ordine e magistrati. Le informazioni hanno un prezzo e spesso gli uni vengano “usati” dagli altri e viceversa. Dipende dalla partita in gioco.

Qui la seconda parte...

Foto - Lcc