Scup: se la legalità diventa una ruspa
- Scritto da Effe_Pi
Sgomberato e abbattuto a Roma lo Scup, ultimo di una lunga serie di spazi: quando la legalità si scontra con l'utilità sociale. A Cagliari resiste Sa Domu, studentato sotto attacco dell'opposizione di destra in comune.
Che cos’è la legalità? La risposta, sulla carta, è ovvia: il rispetto della legge. Ma che cosa si fa quando violare la legge e la proprietà privata, altro diritto intoccabile in un paese occidentale del 21esimo secolo, porta vantaggi all’interesse comune e crea contraddizioni che la politica non è in grado di sanare? La risposta, anche in questo caso, sembra purtroppo ovvia: applicare rigidamente i principi di legalità, così labili per i potenti (anche quelli condannati, che continuano a girare a piede libero quando non in Parlamento) quanto duri e inflessibili per tutti gli altri. Stamattina, a Roma, è stato sgomberato lo spazio autogestito Scup, che apparteneva a privati, peraltro coinvolti in inchieste su “Mafia Capitale”, occupato tre anni fa e diventato da allora palestra popolare, sede di corsi, convegni, mostre e molto altro, tutto “low cost” e in alcuni casi con un’importante funzione sociale.
La cronaca è questa, la politica non pervenuta se non per l’esultanza della destra, da sempre “nemica” degli spazi occupati, e la rabbia della sinistra più o meno radicale, anche quella “istituzionale” che oggi fa parte del governo della città. E qui c’è un primo problema: come mai una politica attenta al “bene comune” che sia consapevole (come molti esponenti di quella romana sono indubbiamente) di quello che accade sul territorio non riesce a tutelare uno spazio a forte utilità sociale (peraltro sorto in uno stabile da tempo abbandonato)? Insomma, perché la politica non riesce a porre un freno al puro e semplice interesse privato, peraltro avallato in questo caso dalla magistratura? A parte le differenze di visione e la mutazione “genetica” di una parte consistente dello schieramento progressista, evidente già da decenni e divenuta lampante col governo Renzi, probabilmente la risposta è che la politica oggi non ha più il potere e la credibilità sufficienti per opporsi a soggetti "forti" come i giudici e l’impresa.
Lo sgombero dello Scup viene dopo la chiusura dell’osteria del Corto Circuito, altro storico spazio romano, l’analoga sorte toccata al Teatro Valle Occupato, all’Angelo Mai e ad altri luoghi di aggregazione spesso capaci di fare cultura in un territorio difficile e rispetto al passato “desertificato” delle grandi città. Ma la logica che ha mandato le ruspe allo Scup, in un balordo rimando a quelle che il leghista Salvini vorrebbe mandare nei campi Rom (ed è grottesco che questo capiti col sindaco democratico “dissidente” Ignazio Marino al potere), non è poi così dissimile da quella di chi vorrebbe privatizzare le spiagge, anche in Sardegna, di chi pensa che tutto vada monetizzato, dall’acqua al sole alla cultura, anche a costo di finire per cancellarla, o da chi considera l’ambiente una variabile dipendente dallo sviluppo e taglia ricerca e controlli nel settore. Anche nell’isola esistono situazioni simili, come quella de “Sa Domu” di Cagliari, lo studentato occupato di cui nei giorni scorsi è stato chiesto lo sgombero da consiglieri comunali dell’opposizione di destra: in questo caso, ruspe bocciate dal consiglio comunale, almeno per ora.