PRECARI. OLTRE 3 MILIONI IN ITALIA
Secondo il rapporto sui diritti globali 2013 redatto dall’associazione “Società Informazione Onlus”, promosso dalla Cgil, i precari in Italia sono 3.315.580.
Il loro stipendio medio è di 836 euro al mese, il 15% di essi ha conseguito una laurea e il 35,18% lavora nel sud Italia.
Il settore che conta il maggior numero di precari è quello Pubblico, con il 34% del totale: 514.814 nella scuola e nella sanità, 477.299 nei servizi pubblici e sociali, circa 119.000 nella pubblica amministrazione, ovvero, negli apparati statali, regionali e locali.
Come emerge dai dati, è nel Mezzogiorno che il problema del precariato è più grave: oltre 1.108.000, di cui il 21,2% in Calabria, il 20,4% in Sardegna, il 19,9% in Sicilia e il 19,8% in Puglia.
Se può destare qualche perplessità il fatto che sia la Pubblica Amministrazione a farla da padrone in questa speciale classifica, non stupirà di certo la posizione delle isole maggiori (il primato va alla Sardegna, seguita dalla Sicilia) che sono ai primi posti per contratti poco o per niente stabili.
La precarietà del lavoro senza ammortizzatori sociali, la mobilità senza nessuna garanzia – potremmo chiamarla “mobilità all’italiana” – diventa pure precarietà della vita quotidiana, dei rapporti, del futuro. L’incertezza, la difficoltà – che a volte diventa impossibilità – di costruire qualcosa di duraturo nella propria vita, è un peso che grava, non solo sull’economia del Paese, ma sulla qualità della vita dei cittadini, e diviene addirittura la causa di nuove generazioni di poveri. Il sistema Italia si regge su una classe di ultra sessantenni che, ovviamente, non vivranno per sempre. Quando i sessantenni saranno coloro i quali sono stati precari per una vita chissà cosa succederà all’economia e agli uomini del nostro Paese.
A non avere un contratto stabile non è solo chi non ha proseguito gli studi dopo la scuola dell'obbligo (il 38,9% del totale), una buona percentuale riguarda anche diplomati e laureati.
Infine, cosa che non stupisce, le donne guadagnano in media meno degli uomini: 759 euro mensili contro 927 euro.