Coronavirus, il mistero del farmaco giapponese Avigan
Autorizzata secondo le regione Veneto la sperimentazione sull’Avigan, la notizia della cui esistenza era diventata virale grazie al video di un farmacista italiano a Tokyo, ma già bocciato da esperti come Burioni.
Oggi la speranza contro l’epidemia di Covid-19 che rischia di travolgere l’Italia o almeno alcune sue regioni, è un farmaco giapponese che però sta creando discordia. Si chiama Avigan ed è diventato popolare tra il grande pubblico del web grazie a un video virale girato a Tokyo da un giovane farmacista dal cognome sardo – Cristiano Aresu – in cui sostanzialmente si dice che in Giappone non c’è nessuna emergenza Coronavirus grazie all’esistenza di questo medicinale, chiamato anche favipiravir, già usato anche in Cina nel trattamento di pazienti contagiati. Un farmaco sviluppato dalla Fujifilm Toyama Chemical, che si sarebbe dimostrato efficace nel trattamento di pazienti contagiati dal coronavirus.
Il prodotto, come ha riportato l’autorevole quotidiano inglese 'The Guardian', sarebbe stato utilizzato con successo nel trattamento di 340 pazienti tra Wuhan e Shenzhen. Gli individui a cui è stato somministrato il farmaco sarebbero risultati negativi, in media, a 4 giorni dalla positività. L'emittente Nhk ha riferito che i pazienti non trattati, invece, avrebbero impiegato 11 giorni per arrivare allo stesso risultato. Inoltre, le radiografie avrebbero confermato miglioramenti nelle condizioni polmonari del 91% dei pazienti a cui è stato somministrato il farmaco. La percentuale scende al 62% se si considera chi non ha ricevuto Avigan. La novità è che secondo quanto affermato dal governatore veneto Luca Zaia da domani si inizierà la sperimentazione del farmaco anche in Italia, visto che l’agenzia del farmaco (Aifa) l’ha autorizzata.
Chi non sembra credere alla promettente novità in arrivo dal Sol Levante è Roberto Burioni, secondo cui "Non esistono evidenze scientifiche in merito", anzi in un tweet lo ha confrontato proprio ad eventi bufale, scrivendo che "Il farmaco russo, il preparato giapponese, la vitamina C, la pericolosità dell'ibuprofen, i proclami sugli Ace inibitori che i somari scrivono Eca - scriveva l'esperto - hanno una cosa in comune: sono tutte scemenze. Le novità vi arriveranno dalle autorità sanitarie, non dai social o da YouTube". Vedremo cosa accadrà con la possibile sperimentazione dell’Aifa, che comunque dopo l’annuncio di Zaia ha preso le distanze parlando dicendo che “sebbene i dati disponibili sembrino suggerire una potenziale attività di favipiravir, in particolare per quanto riguarda la velocità di scomparsa del virus dal sangue e su alcuni aspetti radiologici - evidenzia l'ente regolatorio nazionale - mancano dati sulla reale efficacia nell'uso clinico e sulla evoluzione della malattia. Gli stessi autori riportano come limitazioni dello studio che la relazione tra titolo virale e prognosi clinica non è stata ben chiarita e che, non trattandosi di uno studio clinico controllato, ci potrebbero essere inevitabili distorsioni di selezione nel reclutamento dei pazienti".