Presidenziali Francesi: dalle macerie del sistema spuntano Macron e Le Pen
Al ballottaggio tra due settimane il centrista liberale e la candidata dell'estrema destra, esclusi socialisti e gollisti che hanno sempre governato negli ultimi decenni.
La corsa a quattro per l'Eliseo dopo settimane di sondaggi incerti sul “peso” dei concorrenti è finita. Circa 47 milioni di francesi hanno scelto Emmanuel Macron (poco meno di 8 milioni di voti) e Marine Le Pen (circa 7 e mezzo, una quota mai raggiunta dal Front National) per il ballottaggio del 7 maggio. Infatti se nel primo turno nessuno ha ottenuto la maggioranza assoluta, per l'elezione del presidente della Repubblica si va al ballottaggio.
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Ma queste elezioni sono passate già alla storia per due motivi. Il primo è la scomparsa dei socialisti (6%!) del presidente Hollande, che aveva però fiutato l'aria e (anche questa una prima volta) da presidente uscente non s'era ricandidato. Il secondo riguarda l'assenza dal ballottaggio di un candidato che non sia repubblicano o socialista. Il tracollo dei partiti del sistema in una “serata crepuscolare” che lascerà “tracce indelebili nella vita politica francese”.
Ma il futuro della presidenza è pieno di incognite. Marine Le Pen, la “zarina” del FN, partito di estrema destra, vuole uscire dall'Ue, dall'Euro e chiudere i confini per fermare i terroristi dell'Isis. Nel 2002 la corsa di Jean Marie, padre di Marine e fondatore del partito, venne fermata da Jacques Chirac grazie all'appello all'unità nazionale. Un'era geologica fa, si potrebbe dire. Anche se Fillon (repubblicano, 6 milioni e 600mila voti) e Hamon (socialista, due milioni) hanno già annunciato il sostegno in chiave antilepenista a Macron. Mentre Mélenchon, 65 anni, candidato autonomo a sinistra e oltre 6 milioni e mezzo di voti, ancora non si è espresso.
Di ispirazione neoliberista ed europeista, invece, “En marche!”, movimento fondato nell'aprile scorso dal giovane Macron, 39 anni e una biografia particolare. “Né di destra, né di sinistra” con studi all'Ena, la scuola delle élites (quelle considerate sconnesse dalla realtà), un'esperienza da banchiere (per la banca d’investimento Rothschild) e poi un'esperienza politica come ministro dell'Economia dell'ultimo governo Valls (socialista).
Anche se i giochi sembrerebbero fatti, tra appelli all'unità nazionale, paure di nuovi attentati terroristici e la convergenza di forze nazionaliste-sovraniste (è arrivato a sorpresa sesto Nicolas Dupont-Aignan, sovranista con oltre 1 milione e mezzo di voti) la corsa all'Eliseo resta aperta. In qualunque caso sarà complicato per chi vincerà poter governare, perché a giugno col rinnovo dell'Assemblea nazionale (il parlamento) avere la maggioranza dei seggi sarà difficile. Si apriranno così nuovi scenari di alleanze (im)possibili.
Foto | Dennis Jarvis su Flickr