Brexit: restare o lasciare l'Ue? Il Regno Unito al voto per il referendum
Oggi fino alle 22 si vota per il remain o leave di inglesi e altri britannici nell'Unione Europea, grande incertezza sui risultati e sulle possibili conseguenze di un risultato per l'uscita dal processo di integrazione.
Di Paolo Ardu
Oggi i cittadini britannici andranno a votare per un referendum, promesso lo scorso anno in campagna elettorale e indetto dal premier conservatore David Cameron, che deciderà sulla permanenza della Gran Bretagna nell'Unione Europea.
Nota come Brexit, nel gioco di parole tra le parole Britain ed exit (uscita), questo referendum è da tempo annunciato come uno spartiacque della storia dell'integrazione europea tra i 28 stati membri che la compongono.
La scheda vedrà due opzioni, leave (uscire) e remain (restare), alle quali i cittadini risponderanno con Yes o No. I sondaggi negli ultimi mesi hanno dato un quadro fortemente incerto e persino gli allibratori non si sbilanciano nelle quote tra l'una e l'altra opzione, e al momento gli indecisi sono stimati al 10%
Ma cosa potrebbe succedere dopo il voto? Nel caso di vittoria del Leave, l'uscita non sarebbe immediata. Le istituzioni britanniche avrebbero davanti un periodo di contrattazione con quelle di Bruxelles di circa due anni. Infatti nel Trattato di Lisbona del 2009 è prevista l'ipotesi del recesso. Ma gli effetti immediati ricadrebbero più sui mercati finanziari, lo spread per intenderci. Se vincesse invece il Remain il premier Cameron potrebbe rivendicare un maggior peso nel consesso europeo.
Una convivenza difficile, quella tra il palazzo europeo e l'inquilino britannico che già nel giugno del 1975, trascorsi appena due anni dall'adesione alla Comunità Economica Europea (CEE) e dalla firma del Trattato di Roma, su pressione dei laburisti al governo andò ad un referendum che confermò l'adesione alla CEE col 67% di voti, sebbene senza un convinto “Si” del governo. A persuadere per il Si un pubblico che era dubbioso verso l'integrazione europea furono l'establishment politico, la stampa nazionale e una “sofisticata campagna di marketing" (elettorale, ndr), come racconta la Bbc.
Molto è cambiato da allora, soprattutto i temi. Se quel referendum rappresentava più una sorta di conferma di ciò che all'epoca decisero i governanti, passati più di 40 anni e numerose crisi sopra il Tamigi e attraverso il Vecchio continente, l'Unione è oggi vista con occhi diversi, anche tra i tanti indecisi di un Paese spaccato a metà.
Cresce l'insofferenza verso l'establishment (dall'Europa agli Stati Uniti), e se la crisi economica amplifica la paura verso il futuro, quella umanitaria deflagra nell'odio verso lo straniero e, soprattutto, verso quello che fugge dalle guerre, considerato un parassita, un minaccioso “concorrente” che porta via lavoro e benessere.
Una politicizzazione che ha persino portato nelle piazze, nelle strade e nei luoghi di lavoro persone di diversa nazionalità a sentirsi giudicate perché straniere, non più benvenute, non più “utili” dopo decenni vissuti nel Regno Unito. Le posizioni tra chi vuole restare sono le più disparate, dalla condanna dell'isolazionismo (Cameron), al cambiamento dell'istituzione (Corbyn, leader laburista) fino al considerare l'adesione all'Ue il male minore. Mentre tra chi vuole lasciare, dal Ukip di Nigel Farage all'ex sindaco di Londra Boris Johnson, prevalgono toni xenofobi e nostalgici di un passato coloniale.
Un'esasperata campagna elettorale, spinta molto anche da alcuni quotidiani e interrotta forzosamente il 16 giugno a causa della tragica morte di Jo Cox, europeista, attivista e parlamentare laburista impegnata a difendere i diritti umani e i migranti, assassinata in strada da un fanatico filonazista. Il voto di domani scioglierà il dilemma britannico e ci dirà se ci saranno o meno altre tappe verso l'integrazione europea o se questo progetto, che ha garantito la pace per sessant'anni in un continente spesso capace di odiarsi e farsi la guerra, si stia avviando al tramonto.
Lasciandoci tutti, perché ci riguarda un po' tutti anche quando lo osserviamo da lontano, un po' più incerti sul futuro, su cosa da dopodomani in ogni caso inizierà.