Curdi: Kobane chiama Roma risponde
- Scritto da Effe_Pi
A Roma un incontro dedicato alla resistenza dei curdi nella città siriana assediata dall'Isis e alla lotta di un popolo diviso in quattro paesi, alla ricerca della propria autonomia.
Una battaglia che ormai non è più “soltanto” per l’emancipazione di un popolo, quello curdo, ma per la “difesa del concetto stesso di umanità”. È quella che si combatte nella città siriana di Kobane, dove ormai da mesi si fronteggiano milizie curde (in particolare dello Ypg - Forze di Difesa del Popolo) e i guerriglieri islamisti dell’Isis. In generale, i curdi sembrano essere la principale forza in grado di opporsi ai sostenitori di un nuovo califfato in Iraq e Siria, e questo è paradossale visto che l’occidente vede gli islamisti come spietati fanatici assassini arrivando a bombardarli, ma al tempo stesso si ostina a mantenere nella lista delle organizzazioni terroristiche i loro principali oppositori, in primis il Pkk (Partito dei lavoratori del Kurdistan) il cui leader, Abdullah Ocalan, si trova da 15 anni nelle carceri turche.
L’importanza della lotta curda, che ha anche creato un esperimento di confederalismo democratico (su un modello di stampo libertario) in tutta la regione del Rojava, ha suscitato solidarietà in tutti i paesi europei e anche in Italia, dove proprio ieri si è tenuto a Roma un incontro dal titolo “Kobane Calling". L’evento, che ha incluso anche uno spettacolo con Ascanio Celestini ed altri artisti, si è tenuto all’Angelo Mai, storico spazio occupato autogestito della capitale, e ha visto la partecipazione anche di rappresentanti istituzionali, da Campidoglio e Parlamento nazionale. Tra gli interventi più interessanti, sicuramente quello del rappresentante della “Staffetta Romana per Kobane”, gruppo di solidarietà che ha organizzato una serie di viaggi nei territori curdi, in particolare quelli vicini alle zone di combattimento contro l’Isis. I curdi sono infatti ad oggi 40 milioni, divisi in quattro paesi, Turchia (oltre 20 milioni), Iraq, Iran e Siria, appunto, e ieri sono stati definiti “il più grande popolo del mondo senza uno stato”.
Tra i partecipanti all’iniziativa romana, l’avvocato di Ocalan, Arturo Salerni, che ha ricordato il “tradimento” del governo italiano (guidato all’epoca da Massimo D’Alema) verso il leader del Pkk, espulso dal paese nonostante i tribunali gli avessero riconosciuto lo status di rifugiato politico, e ha parlato delle durissime condizioni di carcerazione cui viene sottoposto dal 1999 in Turchia, con interi anni passati in isolamento, paragonando la sua situazione a quella di Nelson Mandela. Salerni ha parlato anche degli arresti di massa di militanti del Pkk sul territorio turco, come della pena di morte cui sono sottoposti in Iran, mentre un intervento più politico è stato quello del senatore Giuseppe De Cristofaro (Sel), promotore di una mozione passata di recente all’unanimità a Palazzo Madama, proprio sulla questione curda.
Il parlamentare ha definito quella dei curdi come la questione internazionale "più urgente", accanto a quella palestinese, del popolo Sarawi e del Messico, dove di recente decine di studenti sono stati massacrati con la complicità di una parte delle istituzioni, e ha raccontato come la prima richiesta di chi ha promosso la mozione sia proprio quella di escludere il Pkk dalla lista delle organizzazioni terroristiche internazionali. De Cristofaro ha anche parlato della politica estera “volontariamente sbagliata” dall’occidente negli ultimi 15 anni, in particolare le alleanze con le stesse monarchie del Golfo che oggi sostengono l’Isis, e ha lamentato come i media stravolgano la realtà della questione curda, rendendo difficile che nella nostra società si crei quella vicinanza di massa che sarebbe necessaria. Un punto su cui sono tornati molti relatori, tra cui il consigliere comunale Gianluca Peciola, è che i curdi non difendono l’occidente solo da un punto di vista meramente militare, ma in qualche modo nei valori, specie “quelli più avanzati delle nostre costituzioni, che in molti casi non vengono applicati”.
Una lotta che ad esempio vede in prima fila le donne, in una zona del mondo dove questo è quasi impensabile, e che non è diretta solo contro il fanatismo religioso ma contro neoliberismo e interessi della potenze vecchie e nuove (come Cina e Russia). Una lotta, in conclusione, che come ricordato da Yilmaz Orkan, Portavoce UIKI ufficio informazione del Kurdistan in Italia, è per la liberazione del popolo curdo ma non si limita a questo, visto che vuole in primo luogo dar vita a un’idea diversa di vita comunitaria: rispetto al passato e alle teorie dello stesso Pkk, oltre che di altri partiti nazionalisti curdi, l’accento viene infatti posto più sul concetto di autonomia democratica che su quello di Stato nazione, visto che la prima sembra essere più adeguata ad una realtà composita come quella del popolo curdo.