Il paradiso degli innocenti - Parte seconda
- Scritto da Luigi Citroni
Il paradiso degli innocenti - Parte seconda - Un thriller che vi lascerà con il fiato sopeso.
Il paradiso degli innocenti - Parte prima
Il paradiso degli innocenti - Parte seconda
Il paradiso degli innocenti - Parte terza
Il paradiso degli innocenti - Parte quarta
Il paradiso degli innocenti - Parte quinta
Il paradiso degli innocenti - Parte sesta
Il paradiso degli innocenti - Parte settima
Il paradiso degli innocenti - Parte ottava
Il paradiso degli innocenti - Parte nona
Quando varcai la soglia del commissariato insieme al signor Bompiano, ogni singola anima all’interno di quell’ufficio prese a osservarci come se fossimo criminali appena messi sotto arresto.
Andammo oltre i loro sguardi e camminammo spediti fino all’ufficio di Andreolli, il quale come un boia aspettava che mi facessi vivo per consumare la mia pena.
Sapevo che l’idea dell’appostamento non fosse una delle migliori, soprattutto se allestito all’oscuro del commissario, ma in cuor mio ero consapevole avessimo fatto la cosa giusta.
Nonostante il disastro che ne seguì, avevamo ottenuto qualcosa di concreto: un primo contatto con un possibile serial killer e la conferma che non si trattasse di un lupo solitario.
Ciò nonostante fu chiaro da subito che Andreolli non fosse della nostra stessa opinione.
- Ora…devo impegnarmi più di quanto pensassi per mantenere la calma e non sbatterti nelle fogne da dove ne sei uscito. Ti chiedo solo se secondo te, un poliziotto in fin di vita, ora sotto i ferri, è un affare che potevamo permetterci- disse sbraitando -voglio proprio capire se nella tua mente bacata è così difficile realizzare che ubbidire a degli ordini precisi non è un’opinione ma un obbligo. Io vi ho ordinato di lasciar perdere queste stronzate da telefilm, vi ho dato incarichi ben definiti e voi ve ne siete fottuti alla grande, e ora un mio uomo è in bilico tra la vita e la morte! –
- Se posso permettermi commissario noi avevamo motivo…-
- Taci! Tu devi stare zitto, ti devi tappare quella fogna e seguire le direttive che ti vengono date, e le ultime che vi ho imposto erano chiare e precise: state fuori da questa storia. Per la gente comune, per chi non si crede un supereroe e per chi fa questo lavoro ormai da una vita, gli ordini impartiti da un superiore sono come parole proferite da Dio in persona. E la parola di Dio non si discute-.
Quel discorso mi lasciò perplesso.
Non sapevo se fosse giusto aprire bocca e tentare di giustificare la natura delle nostre azioni o se tacere e infine fare ammenda dei miei peccati.
Ciò che sapevo con certezza era che Andreolli sembrava essere sempre più ostinato nell’ignorare e farci ignorare tutto quello che stava accadendo proprio sotto i nostri occhi.
Decisi allora di assecondarlo, di non insistere, di non fargli presente quanto il sangue nelle campagne e i ragazzi scomparsi necessitassero di maggior attenzione da parte nostra, così mi prostrai dinnanzi a lui con l’intenzione di chiedere perdono, ma ancor prima che i pensieri si rispecchiassero in parole, egli pretese informazioni sull’uomo che quella notte mi seguì in commissariato.
- Si tratta di Saverio Bompiano- dissi – l’allevatore di Santa Croce che sporse denuncia tempo fa per atti di persecuzione. Tenevamo sott’occhio la sua casa prima dello scontro con i due sospetti. –
Andreolli fino a quel momento impassibile, come se non gli interessasse ciò che stavo raccontando, mutò d’improvviso atteggiamento appena gli parlai delle scritte lasciate sotto casa dell’uomo.
- Il paradiso degli innocenti ha bisogno di un custode- dissi.
A quelle parole rimase immobile, incapace di reagire. Il suo volto sembrò costringersi in un ultimo spasmo di vita, e da quell’istante iniziò a balbettare come se le parole fossero rimaste imbrigliate tra la lingua e il palato.
La rabbia che fino a pochi istanti prima parve essere il sentimento predominante, si dissolse in una pozza di sudore, mentre l’inquietudine e una sempre più prorompente nota di terrore sembrava incalzassero il suo animo.
- Tutto a posto commissario? – chiesi senza ottenere risposta.
Rimasi così perplesso ad osservare un uomo che a denti stretti d’un tratto iniziò a bisbigliare: “è giusto così, è giusto così”, fino a che come se rinvenuto improvvisamente da uno stato ipnotico disse: – Sei sospeso dal servizio a tempo indeterminato. Ti ordino di lasciare pistola e distintivo qua sopra la scrivania. Adesso esci immediatamente dal mio ufficio e fai entrare quell’uomo. –
-Ma certo- risposi sfilando la fondina e il distintivo dalla cinta – un uomo con tutta probabilità è la fuori a mietere nuove vittime, e lei mi sospende dal servizio. Bel lavoro commissario, davvero sono costretto a farle i mie complimenti, ma forse è giusto così no? Poco fa non stava per caso sussurrando queste parole? – proseguii con tono stizzito.
Lucio Andreolli, il commissario Lucio Andreolli, un fiero e tronfio ambasciatore di giustizia lasciò che uscissi dal suo ufficio senza nemmeno emettere un fiato in risposta alle mie provocazioni. Ciò che rimase di quell’uomo fu un essere contrito, intento a sussurrare tra se e i suoi demoni: “è giusto così”.
Una volta fuori, dopo aver rassicurato per qualche istante il signor Bompiano ancora visibilmente agitato, iniziai a camminare verso l’uscita, ma ancor prima che potessi finalmente essere libero di tornare a casa Sabatini, un collega, si piazzò dinnanzi a me, e con voce soffocata come se non volesse farsi sentire da nessuno bisbigliò: - Dimmi se non sono il migliore Carmine…guarda che cosa ho per te-
- Che cosa sono tutti questi fogli? - chiesi spazientito.
- I nostri amici di Cagliari ci hanno inoltrato le denunce di tutti i ragazzi scomparsi, in più abbiamo il riconoscimento delle vittime, sia quelle trovate a Santa Croce sia quelle della miniera. Hanno detto potrebbe interessarti, ma se non li vuoi…-
- Dai qua- borbottai strappandogli i fogli dalle mani.
Ringraziai con tono evasivo e in fretta e furia abbandonai il commissariato. Ero appena stato sospeso non potevo certo farlo intendere a qualcuno, in caso contrario avrei potuto benissimo dire addio a quelle scartoffie.
Dopo essere montato in macchina in un attimo fui sotto casa, e nonostante fossi ancora sconvolto dagli avvenimenti della notte appena trascorsa, iniziai a sfogliare avidamente quelle carte.
Senza che me ne accorgessi pian piano il tutto iniziava ad assumere una forma concreta.
- Allora sparami- dice Vinicio con fermezza. D’un tratto sembra aver riacquisito lucidità, e le lacrime hanno lasciano libero dal dolore un volto ora serio, dallo sguardo risoluto.
- Voglio prima sapere perché siamo qui oggi. Perché mi hai portato su questa collina? –
- Perché i figli di Lilith l’hanno ordinato. Tu eri presente all’inizio e tu devi essere testimone alla fine. Due anime dannate per scarcerare un’innocente. Lo sapevi sarebbe andata a finire così. Non mentire a te stesso-.
Vinicio parla in un modo che non riconosco. Sembra invasato, come un adepto di una setta che alla fine dei suoi giorni brama persino la propria morte, come se fosse un premio meritato dopo aver portato a termine un compito ben preciso.
- E’ il giorno perfetto per la fine Carmine. La pioggia ci purificherà e noi potremmo finalmente essere liberi…ti rendi conto? Liberi! Non lo siamo mai stati e ora è giunto il momento di esserlo-.
Non voglio credere a ciò che sento. Non voglio credere che quell’uomo in ginocchio davanti a me sia il collega con il quale ho condiviso gran parte dei mie anni di servizio. C’è qualcosa di sbagliato in tutto questo.
Intanto quell’ombra tiene stretta a sé la ragazzina appena apparsa nella radura. Ha ancora il coltello stretto tra le mani e sembra stia aspettando con ansia il momento in cui premerò il grilletto.
- Che cosa è successo quella notte nel bosco? – chiedo.
Vinicio sembra restio nel voler rispondere, ma dopo un sospiro inizia a parlare.
- E’ successo proprio quello che hai sempre sospettato-
- Sii più chiaro-
- L’avevi trovato! - dice – era lui e tu avevi nome, cognome, indirizzo, codice fiscale…tutto. Sapevi tutto di lui. Sapevi del suo passato, le persone che ha frequentato, le donne con cui è stato…sapevi del sangue, da dove venisse, chi fossero le vittime e perché proprio loro. Quella notte avresti potuto fermare una lunga scia di sangue e di morti che andava avanti da anni, avresti messo un punto al caso più grosso mai visto, a quel caso che nessuno voleva risolvere per davvero. Ma la loro missione non poteva essere interrotta. Il loro compito andava ben oltre il nostro senso etico, ciò che noi consideravamo giustizia, per questo dopo lo sparo sono scomparso in mezzo al bosco e ho coperto la sua fuga. –
- L’hai aiutato a fuggire…è questo che mi stai dicendo? – chiedo incredulo.
- Ho dovuto farlo…tu non sai cosa sono stato costretto a sopportare –
- No non lo so- rispondo – ciò che so è che hai voltato le spalle alla tua natura e hai preferito metterti nelle loro mani. Credo tu meriti veramente di morire Vinicio. –
- Cristo uccidimi che cosa aspetti? Ma sappi che se muoio io muori anche tu. Sei sotto scacco Carmine. –
Dal cielo iniziano a scendere gocce d’acqua pesanti come il piombo.
Di secondo in secondo aumentano di velocità, così come i miei pensieri, fino a dar vita a un vero e proprio acquazzone.
Sono ancora immobile con la pistola puntata contro le tempie del mio collega. Il tempo sembra essersi fermato: nessuno si muove o emette il benché minimo rumore. Ciò che si sente è solo il suono della pioggia che cade su di un verde prato in cima a un promontorio.
I miei scarponi a ogni movimento del piede anche se impercettibile, annegano nel fango di una tenue terra lussureggiante, mentre davanti a me, almeno duecento metri più a valle, quell’uomo avvolto in un bozzo di ciò che sembra essere lana e pelle di vitello tinta di nero, ha deciso di muoversi. Avanza a stento con stretta tra le mani la vita di una bambina racchiusa in una candida innocenza.
Sembra stia risalendo lungo il percorso tracciato da piccoli rivoli che corrono giù per il crinale fino a perdere la loro essenza oltre i pini, dove la vita ha sicuramente un altro sapore.
Istintivamente stringo con più vigore la mia arma, pronto a puntarla contro di lui. Lo sballo sembra si sia dissolto. Ora come ora sono pronto a tutto.
- C’è qualcosa che non torna nel tuo racconto- dico rompendo un muro di silenzio – come sapevi che il paradiso degli innocenti si trovava in quel bosco? Al tempo mi parlasti di una soffiata ma il tuo informatore non ebbe mai ne volto ne nome. Come sapevi della baita e di chi c’era all’interno? Non erano semplici intuizioni vero? Non c’era nessuna soffiata dico bene? –
- Ancora non ci sei arrivato…lo siamo stati tutti, almeno una volta nella vita. Non ricordi queste parole? Vuoi sapere il loro significato? Almeno una volta nella vita…siamo stati tutti figli di Lilith. Ora capisci il motivo? –
Vorrei poter dire di no. Vorrei non aver mai messo piede in questo mondo di violenza perpetrata irrazionalmente, così come vorrei non fossero successe tante altre cose.
La mia volontà capisco non sia in grado di modificare questa dannata situazione, piuttosto mi spinge a domandarmi: come siamo arrivati a questo?
Per avere una risposta non mi rimane altro che ricordare e capire.
Qualche giorno dopo la sospensione andai in ospedale per far visita al mio collega oramai fuori pericolo.
Sapevo di aver fatto la parte del somaro lasciando passare forse troppi giorni prima di farmi vivo, ma il caos di quella famosa notte, tra gli spari e l’imbarazzante discussione con il commissario, mi spinsero a rimanere chiuso in casa e rimuginare.
Passai così il tempo a bere, a riflettere ma soprattutto a ipotizzare collegamenti improbabili che potessero mettere ordine in quella matassa indistricabile di nomi, genealogie, paesi e chi più ne ha più ne metta.
Spesso era come se il tutto trovasse un senso logico che immancabilmente andava a perdersi con il sopraggiungere di nuovi particolari pronti a scombussolare ogni teoria. Di quel groviglio l’unica cosa veramente chiara, immutabile, era che per quanto l’analisi degli indizi potesse essere complicata, portava a un unico risultato ovvero a una serie di efferati omicidi.
Ma perché?
Fu proprio grazie a questa domanda che improvvisamente tutto divenne più chiaro.
A quanto pare bastò porsi l’interrogativo giusto anziché martoriarsi con una visione ermeneutica di quei dati. Fu sufficiente chiedersi: perché uccidere quei ragazzi?
Convinto di aver fatto passi da gigante mi recai all’ospedale con un faldone sotto braccio colmo di documenti utili al caso. L’ intenzione era quella di condividere la mia tesi con Vinicio convinto che l’avrebbe accolta come un grande successo. Alla faccia di Andreolli.
Quando entrai nella sua camera ciò che vidi fu un uomo tumefatto, nascosto dalle bende, visibilmente provato dai lunghi giorni di degenza. Maldestramente mi sedetti accanto a lui purtroppo senza saper cosa dire. Mi sentivo in imbarazzo anche se non ne avevo motivo. “Che diavolo…quell’uomo è pur sempre il mio collega” pensavo “il mio amico…perché sentirsi così fuori luogo?”
Ancor prima di metabolizzare la mia condizione, Vinicio iniziò a parlare come se mi avesse letto nel pensiero.
- Ce ne hai messo di tempo per venire a trovarmi…che c’è il gatto ti ha mangiato la lingua? –
- mi dispiace vederti così- risposi
- lascia perdere…poteva andare molto peggio…ho sentito che ti hanno sospeso-
- Aaah…che ci vuoi fare…Andreolli non è più l’uomo che abbiamo conosciuto quando eravamo cadetti- dissi mascherando la stizza che ancora mi sconquassava le membra.
- che cos’è quello? Un fascicolo? Che cosa c’è dentro? –
Vinicio sapeva bene come saltare i preamboli e arrivare subito al sodo. Sono sicuro percepì il mio inspiegabile imbarazzo appena misi piede nella stanza, così decise di non dare adito a frasi di rito che anziché rompere il ghiaccio talvolta lo inspessiscono, e arrivare al punto. Al vero motivo per cui ero là.
- Qua dentro ci sono i primi gradini per arrivare al paradiso degli innocenti- dissi con eccitazione – credo di aver trovato qualcosa di molto interessante-
Il mio collega allora prese i fogli dalle mie mani e iniziò a osservarli senza capire cosa volessi intendere con “i primi gradini per arrivare al paradiso degli innocenti”. Rimase diversi minuti rigirando quella carta da una parte all’altra finché decise di chiedere spiegazioni.
- Ho passato giorni a leggere e a rileggere tutto quanto- dissi - sembravano cose che potessero non servirci realmente, in fin dei conti quello che poteva esserci davvero utile era ben altro: impronte, indizi che ci potessero portare a quell’uomo e un movente. Un movente. Allora mi sono chiesto perché uccidere quei ragazzi…perché proprio loro? Che cosa avevano in comune? E così ho trovato la risposta-
Vinicio era chiaro non stesse seguendo il discorso, così gli misi i fogli giusti in mano e gli chiesi di trovare ciò che secondo lui poteva essere un fattore comune a ognuno. Dopo qualche minuto disse: - Sono tutti figli di criminali…tutti e venti. E non si parla di furto al supermercato ma di omicidio, stupro, spaccio di droga…Carmine le vittime sono tutte figlie di criminali pericolosi-
- esatto- dissi – sono vittime come sono state vittime altre persone a causa dei loro genitori. Sono gli innocenti Vinicio. Sotto la casa del signor Bompiano quell’uomo aveva scritto: il paradiso degli innocenti ha bisogno di un custode beh questo che abbiamo in mano è il paradiso degli innocenti. Dobbiamo capire perché Bompiano deve essere il custode, dobb…-
- Carmine dobbiamo capire prima tante altre cose- disse interrompendomi – dobbiamo scoprire il perché del sangue nelle campagne e intorno alla miniera. Perché i cadaveri proprio dentro una miniera e soprattutto perché cinque di quelli erano smembrati-
- io credo si tratti di un rituale. Credo ci sia qualcosa di più grosso dietro che un semplice pazzo omicida. È possibile persino che si tratti di un organizzazione coperta da qualcuno di importante-
- Ma cosa dici? Ma dove si è mai vista una cosa del genere… protetta da chi? Andreolli sarà pure uno stronzo ma ha ragione quando dice che dobbiamo rimanere con i piedi per terra-
- riflettici Vinicio…perché le ricerche dei ragazzi non sono mai state portate avanti fino alla fine? Perché non è mai arrivata una comunicazione agli altri commissariata per…che ne so…mobilitare uomini? Perché la polizia ha lasciato che fosse la chiesa a chiudere quella miniera? Ma soprattutto perché Andreolli è così fastidiosamente ostile a questo caso? –
Aspettai in silenzio che il mio collega mi desse ragione, dopotutto quelle teorie erano più che plausibili come avrebbe potuto non riconoscerlo?
- Credo che la sospensione ti abbia dato un po’ alla testa- disse infine disintegrando ogni mia aspettativa – siamo sulla buona strada ma non credo sia il caso di inneggiare al complotto…non so se mi spiego-
- Vinicio parlano i dati…non sono mie fantasie. In ogni caso credo che il signor Bompiano sia in pericolo, dobbiamo fare qualcosa-
- e cosa Carmine? Tu sei sospeso e io anche volendo ora sono qua, e non posso comunque rischiare che sospendano pure me-
- Già…tu non sei stato sospeso- dissi come se avessi appena avuto una spiacevole epifania. “Perché lui non è stato sospeso?” pensai.
- Ci siamo Carmine ne sono sicuro…ci stiamo avvicinando. Ora però credo tu debba andare, fra non molto passeranno gli infermieri per le medicazioni della notte e suppongo non possa rimanere-
- ma figurati…tolgo subito il disturbo-.
In men che non si dica lasciai Vinicio solo ad attendere le sue cure. Così me ne andai, deluso e privo di tutto l’entusiasmo che credevo avrebbe tinto il mio ritorno a casa.
Lungo il corridoio ripensai al suo modo di rispondere a tratti evasivo, come se volesse darmi ragione a mo’ di contentino. Come si fa con i fessi. Ma soprattutto mi chiesi perché diavolo Andreolli non avesse sospeso pure lui.
I mie pensieri, i dubbi e tutte le possibili ipotesi si diradarono in un istante come nebbia al mattino quando rividi degli occhi che già conoscevo.
Mi dirigevo verso l’ascensore, abbandonato il reparto, quando incrociai lo sguardo con un uomo, un colosso, mai visto niente di più grande, vestito da inserviente intento a spazzare le scale.
Avevo già visto quegli occhi sgranati capaci di farmi accapponare la pelle, quelle fiamme scoppiettanti abbrustolire il nero opaco di due enormi pupille.
Non potevano esserci dubbi, quelli erano gli stessi occhi che tenevano sotto sorveglianza la casa di Saverio Bompiano, e se così fosse stato che diavolo ci facevano in quell’ospedale? Forse avevano il compito di osservare il mio collega? Vinicio allora poteva essere in pericolo.
In un istante decisi di fermarmi e con lo stomaco che si contorceva dal nervosismo mi girai verso di lui e iniziai a parlargli.
- Salve- esordii tentando di non far trapelare alcuna tensione – lei è nuovo da queste parti? Non credo di averla mai vista-.
Alle mie parole quell’imponente uomo prese a scendere le scale cercando di evitare ogni contatto con il sottoscritto.
“E’ lui” pensai “o almeno dev’essere lui”.
Scesi le scale tentando di non perderlo di vista; cercando in ogni modo di attirare la sua attenzione con frasi come: - mi scusi mi servirebbe un informazione potrebbe fermarsi un attimo? - oppure – la prego…credo di essermi perso, può indicarmi la strada per uscire? -.
In ogni caso, qualsiasi cosa dicessi egli continuava imperterrito la sua discesa senza voltarsi nemmeno un’istante.
Arrivati a poche rampe dal piano terra decisi di giocare la mia carta, così dissi: - fermo polizia! Girati lentamente, fatti riconoscere! –.
Fu allora che arrestò la sua corsa.
Lentamente si girò e iniziò a fissarmi, proprio come quella notte a Santa Croce. Rimase in silenzio per un tempo che sembrò essere infinito, dopo di che disse: No non è vero-.
La sua voce risuonò come un ruggito soffocato, come l’ultima corda di un contrabbasso stuzzicata senza riguardo da un neofita. Sentii così i miei pochi peli rizzarsi e trapassare i vestiti, e subito mi resi conto che persino nella sua voce era possibile percepire un qualcosa di smisuratamente malvagio.
- Non è vero cosa? – chiesi col groppo in gola – ti ordino di farti riconoscere- aggiunsi.
Egli sembrò non percepire le mie parole come un normale essere umano, pareva più una macchina che prima di decodificare un messaggio necessitava di algoritmi ben precisi. Alle quelle richieste rimase impassibile con gli occhi fissi sul mio corpo per diversi secondi, come se mi studiasse.
- Per quanto ne so tu non sei più della polizia- ringhiò d’improvviso – per quanto ne so ora sei un pezzo di carne che marcisce al sole, così come tanti altri. Non hai più la giustizia dalla tua parte-.
- Come sai queste cose? – gridai. Al che riprese la sua fuga giù per le scale con passo più svelto, oltre il piano terra, sino ai parcheggi sotterranei dove persi il contatto visivo.
- Dove sei? – chiesi ad alta voce – fatti vedere-.
Sembrò essersi volatilizzato. L’unico rumore che riuscivo a distinguere era quello di gocce che a un ritmo incalzante scendevano dalle tubature incastonate nel soffitto.
- Dove sei? – chiesi nuovamente.
- Chi si nasconde nell’oscurità? Gesù bambino ci salverà o l’uomo nero ci ucciderà. Chi si nasconde nell’oscurità? Gesù bambino ci salverà o l’uomo nero ci ucciderà…-
Dall’angolo più buio di quei parcheggi la sua voce prese a canticchiare queste parole senza sosta.
Rabbrividii. Misi mano alla cinta d’istinto, come per estrarre la pistola ma non trovai niente, dopotutto da qualche giorno ero un civile come tanti, così pian piano inizia ad arretrare fino a che non trovai il primo gradino in grado di riportarmi al pian terreno.
Scappai come una lepre, mentre dalle tenebre la sua voce iniziò a ululare: - corri…corri a casa piccolo agnellino-.
Non credo di aver mai provato così tanta paura in vita mia.
Dopo aver abbandonato l’ospedale montai in macchina e volai fino al mio appartamento dove nel primo cassetto del comodino mi aspettava una glock 19 carica, con undici proiettili.
Il mio cuore prese a battere all’impazzata come un tamburo d’orchestra al culmine della composizione, mentre la mia mente irrefrenabile pensava a tutto ciò che avrei dovuto fare.
Forse sarei dovuto tornare in quell’ospedale, armato questa volta, ma se non fosse stato solo? E se fosse stata una trappola? Non potevo rischiare. Potevo naturalmente fare una chiamata anonima al commissariato denunciando il pericolo, ma inutile dire sarei stato riconosciuto.
Iniziai a riflettere sul da farsi immerso nel silenzio del mio appartamento. Un silenzio che d’un tratto venne interrotto dal rumore di una macchina che frenando bruscamente parcheggiò proprio difronte casa mia.
Mi affacciai e vidi una vettura nera appostata proprio a pochi passi dall’entrata del palazzo. Una macchina mai vista prima, che diavolo ci faceva sotto lì davanti?
Non c’era dubbio ormai che chiunque essi fossero sapevano tutto di me.
Trascorsero così alcuni giorni, chiuso in casa, pistola alla mano convinto che da un momento all’altro qualcuno sarebbe entrato per farmi fuori.
L’unico fatto degno di nota fu che quella vettura nero opaca iniziò ad appostarsi sotto casa ogni santa notte, e ogni qualvolta tentavo di affrontare le mie paure andandogli incontro, il motore si accendeva e volava nel buio allontanandosi dal mio quartiere.
Nonostante tutto continuai a lavorare rendendo partecipe il mio collega solo per lo stretto necessario.
Vinicio ormai dimesso dall’ospedale passava da me di tanto in tanto più per dovere morale che per interesse, ma la cosa non mi preoccupava. Ero convinto di essere vicino a una svolta e non dovevo far altro che lavorare sodo per poi sparare un ghigno in faccia a chiunque mi avesse voltato le spalle.
Decisi allora, dopo aver fatto diversi buchi nell’acqua chiedendo all’interno dell’ospedale informazioni su un inserviente dalle dimensioni spropositate, di recarmi nuovamente a Santa Croce. Ero convinto che parte delle risposte si trovasse in mezzo a quelle terre incartapecorite.
Involontariamente passai di fronte alla casa del signor Bompiano e senza pensarci due volte mi fermai con l’intento di scendere dall’auto e fargli visita.
Rimasi per più di mezz’ora fuori da casa sua aspettando che mi aprisse, prima che un passante mi chiedesse che cosa stessi cercando a quella porta dal momento che Saverio Bompiano, non si faceva vedere ormai da giorni.
Chiesi spiegazioni ma non seppe dirmi di più.
Preso da un principio d’angoscia chiamai Sabatini in commissariato e disse che quella notte Andreolli trattenne il mio uomo nel suo ufficio per almeno tre ore, finché all’alba due uomini arrivarono e prelevarono il povero allevatore e lo portarono via. Nessuno fece domande e nessuno si preoccupò di niente dal momento che sembrò essere tutto molto normale.
Questa storia mi mandò fuori di testa. Era chiaro qualcuno stesse remando contro di me e le indagini, per chissà quale ragione. Non ero pazzo ne frustrato come mi fece intendere Vinicio. Andreolli nascondeva qualcosa e io dovevo scoprirlo, ma soprattutto dovevo trovare Saverio Bompiano prima che fosse troppo tardi.
Riflettendo su ciò che avrei dovuto fare presi a costeggiare le strade poco fuori il paese. Sentieri adornati da vivaci frutteti che segnavano la via attraverso i monti, tracciando una sorta di confine tra civiltà e campagna, tra cemento e brughiere che si spingevano oltre l’orizzonte, fino a perdersi tra la nebbia dei laghi più a valle.
Allo stesso tempo alcune domande iniziarono a tormentarmi: perché imbrattare i campi di sangue? Ma soprattutto perché proprio quei campi?
Decisi di intraprendere allora lo stesso percorso cognitivo già utilizzato per svelare la natura delle vittime, così decisi di scavare e ricercare più informazioni possibili sui proprietari dei terreni.
Chiamai nuovamente Sabatini e insieme scoprimmo che non esisteva un vero e proprio schema fisso per quanto riguardava il sangue e i terreni imbrattati, ma esisteva un fattore comune tra tutti proprietari dei terreni dove vennero rinvenuti i cadaveri. Su dieci allevatori dieci erano criminali, chi ancora in attività chi reduce da anni di prigione, in ogni caso si trattava di assassini, di stupratori e addirittura trafficanti di stupefacenti e armi. E cosa più importante ognuno di loro aveva figli.
“Bingo” pensai, quelle informazioni potevano essere sufficienti per aver un idea su chi sarebbero state le prossime vittime.
Bisognava ancora capire il perché del sangue e di tutti quegli aspetti che in un modo o nell’altro rimandavano all’esoterismo, dopo di che avrei sicuramente avuto tutti i tasselli per comporre almeno un nome e un volto.
- Ancora una cosa Carmine- disse Sabatini dopo aver dilapidato ogni mio dubbio – credo tu debba muoverti a tornare. Qua sta succedendo un casino e nessuno sa darsi spiegazioni-
- di che cosa stai parlando? – chiesi con tono inquisitorio
- Andreolli è ormai una settimana che non si fa vivo, e con oggi sono tre i giorni in cui degli uomini vengono e portano via fascicoli e fascicoli dal suo ufficio. Dicono di aver ricevuto disposizioni ben precise dalla magistratura, ma la verità è che non so cosa pensare. Capisci? Così di punto in bianco mi sembra troppo strano-
- beh Vinicio? Lui che dice? –
- lui passa in ufficio solo per prendersi il caffè, del resto sembra non essere minimamente interessato-
- va bene va bene Sabatini…allora facciamo così: fammi le fotocopie di tutti i documenti che ti ho chiesto e domani passerò a prenderli e con una scusa darò un occhiata in giro- ciò detto misi fine alla conversazione.
Prima Bompiano poi Andreolli. Ero sicuro qualcuno stesse iniziando a sentire puzza di bruciato.
- Sei uno di loro? Dimmelo…sei un loro complice? Lo sei sempre stato? Dimmelo o giuro su Dio ti ficco subito una pallottola in testa- urlo in preda a una crisi nervosa.
La verità è che non voglio accettare il fatto di essere stato raggirato per così tanto tempo, di essere stato preso in giro e tradito senza alcuno scrupolo.
- Tu sei uno dei figli di Lilith Vinicio? – proseguo
- la domanda è un'altra Carmine: chi non lo è? Tu? Forse, ma lo diventerai -
- brutto insolente…non osare paragonarmi né a te né a questi schifosi…non abbiamo niente in comune…niente capito? –
- Si tratta di fare una scelta Carmine, è sempre una questione di scelte, giuste, sbagliate chi lo sa? E tu oggi sarai la mano che governa il destino. Scegliere se uccidere due poliziotti e lasciar vivere una giovane fanciulla nel fiore dei suoi anni, o salvarti la vita e condannare chiunque altro in questa collina. Non hai più tempo. Quando lui sarà qua sceglierà per te-.
La situazione è surreale, mi sembra di essere stato catapultato in un mondo parallelo a quello vissuto fino a ieri. Non mi sento pronto per tutto ciò ma devo scegliere in fretta poiché quell’uomo ha iniziato a risalire la collina.
- Perché l’hai fatto? Perché mi hai messo in questa situazione? – chiedo rassegnato
- non è stata colpa mia…hai fatto tutto da solo. Io a mio tempo ho fatto la scelta che consideravo giusta. Non era più possibile per me vedere calpestata quella giustizia di cui noi eravamo portabandiera capisci? Stupratori, pedofili, assassini…quanti ne abbiamo visto assolti? Quanti sono stati i corrotti che li hanno rimessi in libertà? E noi inermi come uccelli senza ali in un covo di serpenti.
Qualcuno doveva pur porre rimedio a questo sistema corrotto fino alle viscere e i figli di Lilith si sono proposti di mettere ordine in un mondo ormai teatro di anarchia. Capisci? Dovevamo garantire la giustizia ad ogni costo-.
Sono inorridito. Non ho mai pensato che alla fine qualcuno potesse realmente pronunciare parole simili a quelle appena vomitate da Vinicio. Vorrei spaccargli la faccia con il calcio della pistola, ma mi sento stremato tanto è il disgusto che provo.
- Giustizia? – dico – tu parli a me di giustizia? Innocenti…ragazzi innocenti…uccisi da dei maniaci…e tu parli di giustizia? Guarda là- ringhio a denti stretti mentre lo costringo a puntare gli occhi verso gli altri due a valle – guarda quella bambina! No…non posso permetterlo…il mondo non brucerà per mano di pazzi criminali come te-
- Io non sono più pazzo di ogni singola persona in questo mondo. Tu che tanto ti reputi l’ultimi dei fedeli alla giustizia, sei solo uno dei tanti scarafaggi che fa mambassa di ogni esecrabile piacere. Non uccidi ma soffochi la giustizia di questo mondo con la tua schifosa sete di esistenza. Condanni il sangue ma sei uno spettatore che acclama violenza. La tua infima condotta morale non è che uno scherzo di cattivo gusto. Una presa in giro utile a rendere i tuoi peccati più tollerabili quando la luce del sole mostra quello che sei realmente-
- le tue parole mi fanno sorridere…dico davvero. Non sai nemmeno quello che dici. L’unica cosa chiara è che qualcuno ti ha preso le palle e te le ha tenute ben strette, e tu sei qui che te la fai addosso dalla paura-.
La risoluzione di Vinicio sembra essersi congedata appena pronunciate queste mie ultime parole, così riprende a singhiozzare sommessamente, come un bambino.
- fai quello che devi- bisbiglia – lui sta per arrivare-.
“Si tratta di fare una scelta” penso “ così sia”.
- …alla fine ci vuole più coraggio a vivere che a morire…non è vero Vinicio? -.
L’unica cosa che devo fare ora è stare calmo, respirare e poi agire.
Al tre ho deciso di aprire il fuoco.
Uno, due…