Sindaca, avvocata e teoria del Gender in Sardegna
- Scritto da Effe_Pi
La Regione sarda approva una norma per utilizzare il femminile nelle professioni sui suoi documenti ufficiali, e gli avversari del "Gender" vanno all'attacco.
La Sardegna è da sempre una terra nota per essere matriarcale, quindi non dovrebbe stupire troppo che sia tra le prime regioni a introdurre l’obbligo di evitare la discriminazione sessuale nei documenti ufficiali: il provvedimento è contenuto nella legge sulla semplificazione appena fatta approvare dalla Giunta Pigliaru, e l’impulso in questa direzione è arrivato da un emendamento presentato dalla consigliera Annamaria Busia del Centro Democratico. D’ora in poi, quindi, nella comunicazione pubblica della Regione Sarda, si dovrà scrivere sindaca, avvocata, assessora, commissaria, tanto per fare qualche esempio: un modo per evitare un uso del maschile che richiama una certa supremazia del “sesso forte”, dando un colpo a quel sessismo che nonostante le tradizioni dell’isola parlino diversamente esiste eccome, anche da noi, e nelle sue forme più aberranti si trasforma in femminicidio, di cui negli ultimi anni si sono visti molti tragici casi.
Terra matriarcale e terra di sessismo
Secondo molti i nomi delle professioni declinati al femminile “suonano male”, ma per Busia è solo questione di abitudine, e il tempo per abituare tutti non manca: l’Amministrazione avrà infatti “sei mesi dall’entrata in vigore della legge per adottare un linguaggio non discriminante rispettoso dell’identità di genere, mediante l’identificazione sia del soggetto femminile che del soggetto maschile negli atti amministrativi, nella corrispondenza e nella denominazione di incarichi, di funzioni politiche e amministrative”. Una battaglia lanciata, come altre riguardanti i diritti delle donne, dalla Presidente della Camera, Laura Boldrini, che proprio per le sue posizioni “femministe” si è attirata l’odio e campagne di disprezzo di tutta la destra, con il leader leghista Matteo Salvini che l’ha paragonata in un comizio a una “bambola gonfiabile” e anche dei grillini, visto che il fondatore M5S Beppe Grillo non ha esitato a metterla “alla gogna” sul suo blog, con il famoso post su “cosa fareste in macchina con la Boldrini?”.
Uguaglianza o apertura al Gender?
Non a caso, anche sul provvedimento sardo le reazioni più dure si sono avute dai nemici della cosiddetta “Teoria Gender”, che individuano in ogni intervento che si discosti dalla “tradizione” un pericolo per la mitizzata famiglia tradizionale: sulla legge sarda, ha avuto ad esempio da ridire l’Osservatorio Gender, che parla di una “rivoluzione del linguaggio” contenuta nella pericolosa “Agenda Gender”. Secondo il sito web dell’Osservatorio, tutte le rivoluzioni “passano per il linguaggio”, quindi “adottare nuovi vocaboli, funzionali a promuovere un determinato programma politico, è il primo passo per cambiare subdolamente le teste delle persone”. Questo cambiamento non sarebbe quindi casuale, visto che “dietro parole all’apparenza lodevoli e condivisibili si cela tuttavia un ben preciso programma ideologico volto a compiere una profondo mutamento culturale. Una metamorfosi socio-culturale voluta e imposta dalla potente e prepotente ‘agenda gender’ internazionale”. Un complotto insomma: l’ennesimo di quest’epoca travagliata, tra scie chimiche e terremoti provocati artificialmente.
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