Lavoro: i morti in Italia e la rivolta francese
- Scritto da Effe_Pi
Dopo la morte dell'operaio investito a Piacenza si riparla del peggioramento delle condizioni di lavoro in Italia, mentre la Francia continua la rivolta al suo Jobs Act.
Si riparla di lavoro nelle cronache di questi giorni, e i motivi non sono certo lusinghieri: c’è stata la morte dell’operaio egiziano vicino a Piacenza, investito da un Tir in un incidente che da più parti è stato additato come un esempio di omicidio, determinato dal peggioramento delle condizioni lavorative negli ultimi decenni. Che negli ultimi 20-30 anni ci sia stato un sistematico peggioramento delle condizioni del lavoratore medio italiano (e forse non solo italiano) è piuttosto evidente, tanto che il sociologo Luciano Gallino parlava della “lotta di classe” dei ricchi contro i poveri, con i primi che ormai da decenni la stanno vincendo nettamente, riportando i primi a condizioni che sembravano remote e vergognose, come quella di morire durante una manifestazione sindacale sul luogo di lavoro.
Di sicuro i rapporti di forza si sono spostati di molto a sfavore dei lavoratori, soprattutto di quelli dipendenti, e lo dimostra anche il fatto che se 40 anni fa un dirigente d’azienda prendeva forse 50 volte lo stipendio di un operaio, ora invece prende da solo lo stipendio di 2mila operai, come succede ad esempio a Sergio Marchionne coi dipendenti della Fiat. Le ragioni sono anche storiche, probabilmente fino a fine anni ’80 la violenza dello sfruttamento era “mitigata” dallo spauracchio dell’esistenza di un modello alternativo come quello socialista, che era visto come possibile “svolta” politica da tanti operai, impiegati e cittadini, inducendo il “sistema” ad essere benevolo e a fare concessioni, peraltro molte delle quali conquistate con la lotta e alcune col sangue.
Oggi probabilmente nemmeno il sangue servirà a migliorare le condizioni lavorative nel settore della logistica, e non si vedono all’orizzonte grandi lotte a seguito di questa morte, che peraltro ha avuto grande risalto per la dinamica, ma non è certo l’unica capitata di recente nei cantieri italiani. Nel 2015, ad esempio, sono calati gli infortuni ma aumentati i morti, 161 in più dell’anno precedente, con un preoccupante totale di 1.080 incidenti mortali. Del resto, l’Italia è il paese che ha lasciato passare senza colpo ferire il Jobs Act, una norma che ha cambiato in un senso ulteriormente “flessibile” il mercato del lavoro, comunque la si pensi: ben diversa la reazione, davanti a una legge simile (la cosiddetta Loi Travail) si è avuta in Francia. Dopo le vere e proprie rivolte dei mesi scorsi, anche ora che la norma è stata approvata in via definitiva continuano lotte e mobilitazioni, che anche ieri hanno portato duri scontri in tutto il paese transalpino, con feriti e arresti. In Italia invece, dopo l’indigestione degli anni ’70, qualsiasi tipo di dissenso “violento” (ma sarebbe meglio dire non legalitario) viene visto come lesa maestà verso lo stato e ritorno in grande stile del terrorismo rosso, per cui ormai da decenni lo scontro sociale è anestetizzato, e i pochissimi che si sottraggono a questa regola la pagano carissima. Se in politica c’è stato l’emergere di movimenti “antisistema” trasversali e interclassisti come quello dei 5 Stelle (che il Collettivo di scrittori Wu Ming individua come parte di questa sterilizzazione delle lotte), nella società non si vede all’orizzonte niente di veramente nuovo, niente che possa ribaltare la storia, come fecero in modo simbolico i quadri della Fiat con la marcia dei 40mila, che a Torino nel 1980 pose fine a oltre un decennio di dure lotte e conquiste operaie.
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