Al mare per guardare Moby Dick
- Scritto da Effe_E
Il fenomeno del whale watching, oggi diffuso anche nel Mediterraneo.
Da La Stampa | Vincenzo Zaccagnino
«Laggiù soffia! Laggiù soffia! La gobba come una montagna di neve! E’ Moby Dick!» Così Herman Melville nel suo celebre romanzo descrive le parole del capitano Achab. Oggi sono migliaia gli aspiranti Achab, appassionati del whale watching, in mare su imbarcazioni attrezzate, con biologo a bordo, per incontrare le balene nel loro ambiente naturale. E’ una forma di escursionismo in costante crescita che arricchisce una vacanza. Del resto i mesi estivi sono uno dei momenti migliori per ammirare i grandi cetacei.
Il whale watching è nato nel Mediterraneo dopo il 1991, anno in cui Italia, Francia e Principato di Monaco hanno istituito Pelagos, il santuario per la protezione dei mammiferi marini, che comprende il Mar Ligure, le acque che circondano la Corsica e che bagnano la Costa Azzurra, il Nord Sardegna e le coste toscane. Fra gli operatori del settore è molto attivo nel whale watching il Consorzio Liguria Viamare, che dispone di una flotta che prende il largo da Genova, Savona, Andora, Laigueglia, Sanremo e Bordighera. Si resta in mare da 4 a 11 ore, spendendo, in media, 34 euro. Se non si incontrano cetacei, il biglietto resta valido per una nuova uscita. Le probabilità sono discrete, perché nell’area protetta vivono un migliaio di balene e decine di migliaia di delfinidi, per un totale di 8 specie. Si può incontrare la balenottera comune, lunga fino a 27 metri con un peso di 8 tonnellate, ma anche il capodoglio, il più grande predatore esistente, che raggiunge i 18 metri. E’ il Moby Dick raccontato da Melville. Si è spesso circondati da branchi di stenelle striate, globicefali, tursiopi, quelli che vediamo anche negli acquari.
Emozioni più forti si possono vivere in mari lontani, dove gli incontri con i cetacei sono più frequenti. Veder saltare fuori dall’acqua un colosso lungo 16 metri e pesante 36.000 chili è uno spettacolo che si dimentica difficilmente. Sono le esibizioni delle megattere, le humpback whale, che in estate frequentano i mari del Nord, soprattutto lungo le coste dell’Alaska e del Canada. Paese che offre molte opportunità. Partendo da Vancouver sono frequenti gli incontri con le feroci orche, mentre sul fiume San Lorenzo nel Quebec, quelli con grandi famiglie di beluga, cetacei bianchi molto socievoli, lunghi 5 metri e pesanti fino a 1600 chili.
Spesso il branco circonda la barca e capita di essere spruzzati dai più intraprendenti. Non va poi dimenticato il Tysfyord in Norvegia, frequentato dalle orche, ma anche Andoy, dove opera l’Andenes Whale Center che garantisce il 95 % di probabilità di incontrare i capodogli. Il whale watching è molto diffuso anche in Islanda e Groenlandia. Significativa è l’attività che si svolge alle Azzorre, soprattutto nell’isola di Pico, le cui acque sono frequentate da 20 specie di cetacei. In luglio e agosto i capodogli danno alla luce i loro piccoli, mentre crescono le possibilità di vedere gli zifidi, una specie di cetacei molto rara.
L’aumento del whale watching ha finito per preoccupare l’organizzazione mondiale per la difesa dei cetacei, l’Iwc (International Whaling Commission), che ha varato dei regolamenti per ridurre al minimo eventuali impatti negativi. Ma uno dei massimi esponenti dell’associazione ha dichiarato: «Il whale watching è una soluzione vincente per le balene e per la gente, perché offre delle grandi opportunità alle comunità costiere. E’ l’alternativa del ventunesimo secolo alla caccia alle balene».
Foto: Pixabay | CC0 Public Domain