Bosa, Cattedrale dell'Immacolata
La cattedrale di Bosa, intitolata alla Vergine Immacolata, è stata ricostruita su una chiesa del XII secolo.
Come arrivare:
La città di Bosa si raggiunge da Macomer lungo la SS 129 bis, da Alghero lungo la SP 49 o da Oristano lungo la SS 292. La cattedrale si trova sulla parte più arretrata del lungo Temo, in prossimità del più antico accesso cittadino che supera l'ostacolo del fiume tramite un ponte in pietra vulcanica. Vi si può accedere dalla piazza Duomo o dal corso Vittorio Emanuele II.
Il contesto ambientale:
Il centro storico di Bosa si è formato nel XII secolo, ai piedi del castello di Serravalle, in sito diverso rispetto a quello della città romana e altomedievale, dove si trova l'ex cattedrale romanica di San Pietro extra muros.
Nel dettaglio:
La cattedrale di Bosa, intitolata alla Vergine Immacolata, è stata ricostruita su una chiesa del XII secolo, all'incirca coeva alla costruzione del castello dei Malaspina, che determinò l'urbanizzazione della sponda s. del fiume Temo e il progressivo abbandono della zona in cui sorge l'antica cattedrale romanica di San Pietro.
Dopo ripetuti rifacimenti (fra cui uno tardogotico di cui rimane traccia in alcuni tratti murari) l'aspetto attuale risale al rimaneggiamento operato a partire dal 1803, sotto la direzione del capomastro bosano Salvatore Are, coadiuvato in un secondo tempo dal sassarese Ramelli. Il nuovo edificio, ampliato dal cappellone del Sacro Cuore - cui si accede attraverso un vano voltato che interrompe la parete s. nei pressi della bussola d'ingresso - venne solennemente consacrato nel marzo 1809.
L'interessante facciata, penalizzata dall'angusto slargo prospiciente, rielabora motivi tardobarocchi desunti in massima parte dalla facciata a ''retablo'' della locale chiesa del Carmelo, con una ripartizione delle superfici in due ordini distinti da un ampio cornicione aggettante e la scansione verticale segnata da paraste e robuste lesene, tutti in vulcanite rossa a vista.
Lo spazio interno è a navata unica con cappelle laterali (tre sul lato d. e quattro su quello s.), con copertura a botte lunettata, che riceve luce dagli ampi finestroni in asse con le cappelle. Le quattro campate sono sottolineate da paraste con capitelli, congiunti al cornicione che segna per intero l'innesto delle volte.
Il presbiterio rialzato è sovrastato da un'alta cupola su tamburo ottagonale impostato su pennacchi, progettata - sempre nei primissimi anni dell'Ottocento - dal regio architetto e ornatista Domenico Franco.
Fra il 1877 e il 1878 venne decorata al suo interno da pitture a tempera del parmense Emilio Scherer raffiguranti il Paradiso dantesco. Alle spalle del settecentesco altare marmoreo, impreziosito da sculture e intagli policromi, si dispone l'abside, di notevole profondità, con coro ligneo.
L'intradosso e il catino sono anch'essi arricchiti da pitture di Scherer, così come le pareti laterali del presbiterio.
Il cappellone si presenta come un edificio autonomo, con altari laterali e presbiterio leggermente rialzato e cupolato. Tra questo e il corpo principale della chiesa si dispongono vari locali fra cui l'aula del Capitolo e la sagrestia.
Affiancata al presbiterio, ma a questo non allineata, s'innalza la torre campanaria: un parallelepipedo suddiviso in tre ordini scanditi da cornici e paraste angolari, unico elemento completamente superstite, benché mai completato, di una fase intermedia delle vicende costruttive della cattedrale, rivelata con chiarezza dalla data 1683 scolpita sul timpanetto triangolare di una delle quattro finestre della cella campanaria.
Storia degli studi:
La chiesa è oggetto di una sintetica scheda nel volume di Salvatore Naitza sull'architettura tardoseicentesca e purista (1992).
Foto: Wikipedia - David Blaikie
© Regione Autonoma della Sardegna - Sardegna Cultura
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