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PUBBLICITA' SESSISTA: UNA PETIZIONE PER FERMARLA

campagna fermiamo la pubblicità sessistaUn Paese a misura d’uomo (di un certo tipo).

L’ADCI (L’Art Directors Club Italiano) ha lanciato da giorni una petizione rivolta al Ministro Josefa Idem perché la Risoluzione Europea del 3 settembre 2008 sulla parità tra donne e uomini in materia di pubblicità venga recepita nel nostro Paese e tradotta in norme semplici e vincolanti.
Nel suo appello, Massimo Guastini – presidente dell’ADCI – scrive che “L’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria può agire tempestivamente contro gli eccessi più clamorosi imponendo, in base alle norme attualmente vigenti, un rapido ritiro delle campagne più offensive. Ma non basta.”
Quindi l’esigenza di una normativa vincolante e sanzioni significative.

L’ADCI, come afferma lo stesso Guastini, “riunisce i protagonisti del processo di creazione dei contenuti pubblicitari, accomunati da un obiettivo: migliorare la pubblicità in Italia”. Ma non può molto verso tutti quelli che “protagonisti” non sono, ovvero, coloro che si occupano di pubblicità ma non fanno parte dell’Art Directors Club. E se vogliamo dirla tutta, anche alcuni dei lavori che portano la firma di prestigiose agenzie pubblicitarie iscritte al Club non fanno molto per migliorare l’immagine della pubblicità in Italia. Basti pensare a tutte le campagne di telefonia mobile che circolano da anni – ma sarebbe più corretto dire da sempre – nel nostro Paese. Come fa notare, fra le altre cose, Annamaria Testa in un intelligente ed esauriente post sul suo blog, tutte le compagnie telefoniche rinunciano a differenziarsi e riducono la loro comunicazione ad una gara fra modelle, qualunque siano le offerte da pubblicizzare, in modo totalmente slegato dal prodotto, pretestuoso e che, alla fine, non porta nemmeno risultati. Da un recente sondaggio dell’istituto Piepoli emerge, infatti, come il 58% degli utenti considerano peggiorata la pubblicità negli ultimi anni. E, al di là dei sondaggi, non è difficile capire come un uso improprio della figura della donna possa essere penalizzante per l’azienda che ne fa uso.

Ma la pubblicità sessista non riguarda solo il mero sfruttamento del corpo femminile (o maschile in alcuni casi) ma riguarda in modo alquanto grave, e forse ancor più pericoloso, l’immagine della donna in atteggiamenti domestici di casalinga, madre, moglie o fidanzata, comunque sempre in relazione all’uomo, a sua volta marito, figlio o seduttore interessato solo al sesso, al successo e a poco altro. Un’immagine che veicola un ruolo, quindi, che esiste solo in funzione dell’uomo, e non una persona o una personalità.
Il polso della situazione di arretratezza culturale veicolata in Italia dalla pubblicità ce lo dà il Gender Gap Index 2012 del World Economic Forum che misura la parità di genere in 135 Paesi del mondo: siamo all’80° posto, su 135. Il problema non riguarda solo la pubblicità ma tutto il sistema dei media. Basta fare un giro per programmi tv e giornali di ogni tipo.

Sono passati i tempi di pubblicità oggi ritenute offensive come quella della Saratoga degli anni Ottanta (sono passati? Lo spot “Brava Giovanna” è di soli 5 anni fa), ma siamo ancora molto lontani da un tipo di comunicazione lontana dagli stereotipi. Perché il sistema dei media – con la tv a capofila – specie in un Paese come il nostro in cui statisticamente si legge poco, aiutano a consolidare e amplificare un certo tipo di immaginario collettivo: il numero delle donne laureate e specializzate ha eguagliato e superato quello degli uomini ma ancora oggi le differenze di genere sono evidenti, dal mercato del lavoro alla semplice quotidianità (oltre il 70% del lavoro domestico continua a ricadere sulle spalle delle donne). Per non parlare degli abusi e delle violenze, materia che vede l’Italia indietro rispetto ad altri Paesi occidentali su norme, tutele e servizi.
Per questi motivi firmare la petizione è importante. Non sarà la soluzione ma è un altro passo.
E non deve essere scambiato per censura o riduzione della libertà di espressione, come alcuni hanno accusato sulla rete, è solo una forma di educazione.
Cosa ne pensate? firmerete la petizione o volete altre pubblicità come questa?

L.M.