Dieci cose da sapere sulle elezioni sarde - 1
- Scritto da Effe_Pi
I dieci punti salienti da conoscere per un voto (o astensione) consapevole il prossimo 16 febbraio.
È entrata ormai nel vivo la campagna elettorale per le prossime Regionali sarde del 16 febbraio: oggi, con la presentazione dell’ultimo tra i candidati con possibilità di vittoria, Francesco Pigliaru del centrosinistra, si è completato il quadro di liste e papabili governatori per l’isola dei prossimi quattro anni.
Pigliaru, che ha parlato di “campagna elettorale più breve della storia”, lanciando lo slogan “cominciamo il domani”, raggiunge quindi ai blocchi di partenza gli altri due favoriti, il governatore uscente, Ugo Cappellacci, e la candidata di “Sardegna Possibile”, la scrittrice Michela Murgia.
Ma come saranno queste elezioni di febbraio? Si dice che ci sarà una grande astensione ma nell’isola ne parlano tutti, non si fa che criticare la troppa presenza di politici di professione ma anche stavolta ben 1500 sardi si sono candidati per un posto da consigliere della “casta” regionale, si continua da tutte le parti a criticare i politici corrotti eppure ci sono candidati indagati e anche rinviati a giudizio, tra cui uno dei favoriti nella corsa a governatore.
Insomma, vediamo in cinque punti e cinque lettere la prima parte di tutto quello che c’è da sapere sulle elezioni sarde, primo appuntamento politico importante di questo 2014.
1) A come Alluvione. È stato l’evento più importante e traumatico del 2013 in Sardegna, ma finora in campagna elettorale se ne parla ben poco. Il commissario straordinario ha appena comunicato che ci sono 600 milioni di euro di danni: servirebbero politici autorevoli e capaci di trattare per trasformare questa tragedia in un’occasione, almeno parziale, di rilancio per l’economia e la società sarde, ma fino a questo momento c’è sostanziale silenzio sull’argomento. Destra, sinistra, indipendentisti, sembrano evitare tutti l’argomento, forse ancora troppo scomodo e traumatico per i potenziali elettori. DESAPARECIDO
2) B come Barracciu. Vincitrice delle primarie del Pd, nate sotto la cattiva stella di una bassa partecipazione e dell’assenza di alleanze, è stata giubilata sull’altare della politica nazionale e della ricomposizione di uno schieramento ampio. Matteo Renzi non poteva certo permettersi di fare la sua prima campagna elettorale da segretario per una candidata indagata, e i “piccoli” del centrosinistra dovevano mostrare il loro peso imponendo una scelta diversa da quelle di primarie che non riconoscevano. Quei 30mila euro di benzina, poi si vedrà se spesi legittimamente o meno, le sono costati molto cari. GIUBILATA
3) C come Cappellacci. Si ripropone, anche se ormai il suo nume tutelare Silvio non ha più il peso e la potenza mediatica di qualche anno fa, e questo rende tutto più difficile. Lo stato disastroso dell’economia sarda e le inchieste poi non lo aiutano: ieri ha esultato per l’assoluzione sul crac di Carloforte, ma restano due inchieste aperte sul suo conto, a partire da quella sulla P3 di Flavio Carboni e Denis Verdini. Ugo allora si butta sulla Zona Franca, ma i sardi per ora le tasse continuano a pagarle, e buona parte del movimento lo ha già rinnegato, creando una lista autonoma. ORFANO
4) D Come Diana. Dal cognome del potentissimo Mario, esponente della destra oristanese che simboleggia in qualche modo la decadenza della politica sarda, avendo concluso la legislatura in carcere perché indagato per peculato e sospettato di poter inquinare le prove. Diana è un po’ il convitato di pietra di queste elezioni, nessuno ne parla ma tutti stanno che sta lì, dietro le sbarre appunto, mentre a girare i “suoi” territori si rimane sorpresi da quanti lo difendano e ancora oggi forse lo voterebbero. Ammirazione per il potere? Riconoscenza per aiuti ricevuti in passato? Comunque vada, sicuramente non avranno problemi a trovare qualcuno che ne sia il degno erede, magari meno appassionato di penne e libri antichi. SIMBOLICO
5) G come Grillo. Le elezioni non ci sono ancora state, non si sa chi vincerà ma sicuramente si sa chi ha perso, Beppe Grillo e il Movimento 5 Stelle. Arrivati quasi al 30% alle politiche, decidono (o meglio decide il grande capo) di non presentarsi alle regionali, perché “non ancora pronti”. Nel mezzo una serie di litigi, scontri, divisioni, insulti che non si vedevano dai tempi delle vecchie correnti democristiane. E ora, un po’ di seguaci irriducibili e commoventi che come giapponesi nella giungla si ostinano a chiedere sostegno a Grillo: ma è tutto inutile, il simbolo è volato via, e il comico – politico più famoso d’Italia della Sardegna non vuole saperne. A quanto pare, al momento, gli interessa solo per venirci in vacanza. TURISTA