L’avvocato che doveva sparire. Il caso Manuella
- Scritto da Effe_Pi
Il caso Manuella fu un episodio che riempì, a partire dagli inizi degli anni ottanta, le pagine di cronaca nera e giudiziaria di Cagliari.
Di Serpico
Un intreccio di stranezze e depistaggi, indagini altamente requisitorie, falsi pentiti e veleni scaturiti da invidie e gelosie che investirono in pieno il Palazzo di Giustizia e la città intera. Ma non solo, s’intrecciano nella vicenda, ombre legate al lucroso traffico di droga e delle attività illecite all’interno della base militare di Decimomannu, sino ad arrivare ai misteri della strage di Ustica. La mattina del 22 aprile 1981 Gianfranco Manuella salutò la moglie per recarsi al lavoro come consuetudine. Aveva 39 anni e faceva l'avvocato civilista. Una carriera un po' anonima, la sua, senza infamia e senza lode.
Gianfranco Manuella sparì nel nulla. Due giorni dopo venne ritrovata la sua auto, aperta e con dentro gli effetti personali. Già dalle prime battute, vennero scartata l’ipotesi l’allontanamento volontario e il sequestro di persona a scopo di estorsione. Le condizioni economiche dell’avvocato erano tutt’altro che floride da giustificare l’ipotesi del rapimento. Nel contempo videro la luce alcuni aspetti dissonanti nella vita apparentemente normale di Manuella. Si scoprì che la mattina della scomparsa avrebbe dovuto incontrare Ludwig Nitschmann un’ex militare della Base di Decimomannu, dove vi erano di stanza in quel periodo personale militare dell’aviazione tedesca.
Nitschmann possedeva in via Pola a Cagliari una bottiglieria ed è ben introdotto nel contrabbando di merci provenienti dall’interno della base. L’avvocato Manuella era di casa, in un posto non accessibile a tutti, e men che meno a dei civili. Godeva di amicizie e frequentazioni che ruotavano intorno al contrabbando di merci. Di certo si trattava di frequentazioni strane e c’è chi persino ipotizzò oscure storie di spionaggio. Alla misteriosa scomparsa dell’avvocato venne subito collegato un fatto di sangue. Nel giugno del 1981 venne ucciso Giovanni Battista Marongiu un pregiudicato cagliaritano in seguito ad un regolamento di conti maturato nel mondo della droga. In quegli anni Cagliari, diventò un importante snodo e piazza di spaccio. Attorno a questo omicidio si intrecciarono vicende e personaggi di malavita.
Le indagini arrivano ad un certo Sergio Piras, ritenuto responsabile dell’omicidio che chiamò in causa altri pregiudicati e in particolare il boss della mala cagliaritana Beppe Paderi, futuro boss della banda di Is Mirrionis. Comparve, per la prima volta, il nome di dell’avvocato Manuella! Piras affermava che l’avvocato fosse coinvolto in un grosso traffico di droga e che venne ucciso, occultandone poi il cadavere, perché si era impossessato di una grossa somma di denaro. Riguardo la fine di Manuella le versioni saranno diverse e spesso contradditorie. Saltarono fuori altri nomi di persone coinvolte che fecero dichiarazioni, clamorose accuse e repentine ritrattazioni. La più clamorosa fece tremare il Palazzo di Giustizia e i salotti buoni della città intera.
Il piccolo malavitoso Marco Marroccu affermò che della morte e della sparizione di Manuella fossero responsabili dei suoi colleghi, noti e stimati professionisti. Alla luce di queste testimonianze, lacunose e contradditorie, vennero arrestati gli avvocati Aldo Marongiu, indicato come il capo di una potente organizzazione dedita al traffico di stupefacenti, e i suoi colleghi Giampaolo Secci, Sergio Viana e Beppi Podda. Con un impianto accusatorio indiziario e privo di fondamenti probatori, i quattro avvocati subirono l’onta della carcerazione in isolamento dal 2 dicembre 1981 all’8 ottobre 1983. Dopo l’ennesimo colpo di scena, ossia la ritrattazione dei pentiti ( “Me lo consigliò il mio avvocato” disse Marroccu) e centotré udienze, si arrivò alla sentenza di primo grado con cui furono assolti da tutte le accuse. Era chiaro sino dalle prime battute, che il clima di veleno e la macchina del fango contraddistinsero le indagine che formularono l’accusa contro gli avvocati. Una vicenda che vide dietro i falsi pentiti tanti “suggeritori” e “burattinai” rimasti nell’ombra dei gelidi corridoi del “Palazzaccio”. Una delle pagine più umilianti della storia della giustizia sarda.
L’avvocato Aldo Marongiu, stimato e benvoluto, morì di lì a poco a causa di una leucemia che, a detta di amici e parenti, fu una conseguenza dalla dolorosa vicenda che lo vide protagonista, ingiustamente accusato di crimini mai commessi. Per cercare di far luce su questa vicenda è necessario focalizzare l’attenzione nuovamente sull’avvocato Manuella. Citando le sue “strane frequentazioni” all’interno della base militare di Decimomannu emergono delle vicende ancora più oscure rispetto alle congiure ordite all’interno del palazzo di Giustizia di Cagliari. Assodato il coinvolgimento dell’avvocato in traffici poco puliti, negli anni c’è chi afferma che se si vuole trovare la verità e rendere giustizia alla famiglia di Manuella, bisogna indagare sui misteri sepolti ad di là del filo spinato della Base.
Il giornalista Ottavio Olita, in uno suo interessante libro “Vite Devastate” afferma che può essere del tutto plausibile che Manuella sia venuto a conoscenza di segreti inconfessabili. Qualcuno in città è convinto, nonostante siano passati quarant’anni, che Manuella sia vivo, riparato all’estero o che addirittura la stessa base sia in luogo dove venne occultato il corpo. Le indagini che vedevano al centro la base vennero abbandonate subito e si ripiegarono, come è stato spiegato prima, sulle congiure del palazzo. Aleggia sopra la vicenda, una altro mistero che valica i confini dell’Isola, che è quello del DC9 Itavia precipitato in mare a largo di Ustica il 27 giugno del 1980.
Uno dei tanti misteri italiani rimasti irrisolti! Ne è convinto il giudice istruttore Rosario Priore che, nel giugno del 1995, arrivò in Sardegna per indagare sulla presenza di militari libici nel poligono del Salto di Quirra e per interrogare gli uomini dei radar di Elmas, Decimomannu e Perdasdefogu. Priore è infatti sempre stato convinto che la Sardegna non sia rimasta fuori da quel misterioso scenario di guerra. Peccato che la notte che precipitò l’aereo i radar della base di Decimo erano misteriosamente spenti. Cosi come si sono spenti, con l’inesorabile passare del tempo, i riflettori sulla misteriosa sparizione di un giovane avvocato cagliaritano, inghiottito nel vortice di questioni più grandi dei suoi presunti “traffici”.