Scoperta una necropoli nell’area di Mont’e Prama
- Scritto da Anna Maria Cantarella
Secondo il professor Gaetano Ranieri si tratterebbe di un’antichissima Pompei sarda.
Sedici ettari nascosti sotto terra, proprio lì dove 45 anni fa, nel marzo del 1974, furono scoperti per caso i frammenti di pietra che diedero vita ai 27 giganti di Mont’e Prama. Secondo il professore di Geofisica Applicata della facoltà di Ingegneria dell’Università di Cagliari, già docente al Politecnico di Torino, Gaetano Ranieri, si tratterebbe di una vastissima necropoli con una datazione ancora più antica di Pompei, risalente al periodo compreso tra il 950 e il 730 a.c.
Il professor Ranieri è giunto a questa conclusione utilizzando un georadar messo a punto da lui, una sorta di radar che riesce a scandagliare il sottosuolo restituendo le immagini di quello che si trova sotto la superficie. Dalla sua ricerca è emersa una mappa dell’area archeologica di Mont’e Prama che mostra un universo molto più esteso rispetto ai 750 metri quadrati fino ad ora scandagliati dalla Soprintendenza per i beni archeologici di Cagliari e Oristano. Secondo quanto mostra il georadar, si tratterebbe di 16 ettari all’interno de quali appaiono linee rette che sembrano case, templi, aree delimitate che potrebbero essere edifici di grandi dimensioni, ma anche 120 tombe ancora da scavare.
Ranieri ha illustrato i risultati scientifici della sua ricerca durante una conferenza alla Fondazione di Sardegna a Sassari e i risultati non possono lasciare indifferenti perché, se fosse vero che in quel campo abbandonato e nel contiguo vigneto impiantato dopo gli inizi degli scavi si trovano davvero i resti di una megalopoli simile a Pompei, Mont’e Prama diventerebbe di fatto uno dei siti archeologici più importanti del Mediterraneo, un giacimento archeologico diverso rispetto a quello delineato in base ai dati ufficiali attualmente conosciuti.
45 anni fa erano stati ritrovati per caso i Giganti di Mont’e Prama (arcieri, guerrieri, pugilatori), i sedici modelli di nuraghe e i nove «betili», le pietre sacre, attualmente divisi tra il Museo archeologico nazionale di Cagliari e il Museo civico Giovanni Marongiu di Cabras. Secondo il professor Ranieri però questo sarebbe solo un minuscolo pezzetto dei ritrovamenti archeologici possibili se si decidesse di continuare gli scavi. Scavi che adesso, inspiegabilmente, sono fermi nonostante le promesse di riaprirli questa estate e l’erogazione dei fondi che pare sia già avvenuta.
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Ranieri insiste: "Là sotto c'è una città di sedici ettari. Una “città organizzata e popolosa”. Una megalopoli antichissima la cui esistenza sarebbe confermata dai suoi studi, dalle sue ricerche e dalle ricostruzioni in 3D correlate. Secondo Ranieri, da tempo in attrito con la Soprintendenza, «è assolutamente necessario un vincolo archeologico» visto che si tratta «di un’area in cui sono stati finora effettuati tantissimi ritrovamenti, diverse campagne di scavo e ricognizioni che hanno indicato in maniera evidente la presenza di reperti ancora da portare alla luce».
Ma non è tutto, perché mentre si aspettano buone notizie per il sito archeologico dei Giganti, intanto Ranieri ha già individuato le tracce di un possibile complesso nuragico a dieci metri di profondità nello stagno di Cabras, quello dove nidificano i fenicotteri rosa. E anche nell’ipogeo della vicina San Salvatore di Sinis sarebbero spuntate le immagini di una nave romana, di divinità latine e di un disegno che sembrerebbe raffigurare l’eruzione del Vesuvio. La storia archeologica della Sardegna è ancora tutta da scrivere.
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