Training sottoterra per prepararsi alle missioni spaziali
- Scritto da Effe_E
Oggi l’Esa, l’Agenzia spaziale europea, organizza «stage» in grotta per addestrare gli astronauti alla vita nello spazio.
da La Stampa | di Andrea Garassino
Viaggio al centro della Terra 2.0. Un secolo e mezzo fa Jules Verne raccontava di una spedizione fantastica sotto la crosta terrestre. Oggi l’Esa, l’Agenzia spaziale europea, organizza «stage» in grotta per addestrare gli astronauti alla vita nello spazio, in particolare a lavorare e operare nella Stazione Internazionale che orbita a 400 km di altitudine.
Il corso si chiama «Caves», grotte in inglese e acronimo di «Cooperative adventure for valuing and exercising human behaviour and performance skills» («Avventura cooperativa per la valutazione e l’addestramento del comportamento umano e delle capacità di prestazione»): è diretto da Loredana Bessone, ingegnere di 52 anni, originaria di Saluzzo, Cuneo. «Il nostro obiettivo - dice - è allenare chi andrà nella Stazione Spaziale a lavorare insieme in un ambiente complesso e pericoloso. Ci sono già state cinque edizioni del corso, l’ultima in luglio».
L’allenamento
Il training si svolge all’interno di «Sa Grutta», nella zona centro-orientale della Sardegna, non lontano da Tiscali (Nuoro). Per due settimane, una di addestramento con personale Cai ed esperti speleologi e un’altra sottoterra, gli astronauti diventano «cavenaut», che tradotto fa «grottonauti». La grotta è uno degli «analoghi» scovati sulla Terra per ricreare l’ambiente spaziale. Altri sono a Lanzarote, «copia» di Marte, o la base sottomarina in Florida, dove gli equipaggi Nasa si addestrano alla microgravità.
«Nell’immaginario collettivo - dice Bessone - gli astronauti sono quelli del programma Apollo che saltellano sulla Luna. Da decenni, però, non ci sono più umani su altri pianeti o sui loro satelliti e le missioni sono sulla Stazione, un luogo angusto e limitato. Gli equipaggi sono di sei persone, di nazionalità, culture e modi di comunicare diversi. L’esigenza di addestrare insieme il personale è nata all’inizio dei voli, quando ci sono stati problemi di comunicazione tra americani e russi».
L’esplorazione spaziale e quella speleologica hanno numerosi tratti comuni. «In entrambi i casi - prosegue la responsabile di “Caves” - si va incontro ad un ambiente alieno: c’è isolamento, oltre a scarse possibilità di comunicazione e risorse limitate, mentre l’autonomia personale è parziale e bisogna lavorare in modo multidisciplinare. Si va anche incontro a disorientamento temporale e a deprivazione sensoriale». In grotta è sempre buio. Sulla Stazione si vedono 16 albe e 16 tramonti ogni 24 ore. Sottoterra non ci sono odori, così come nello spazio. «Le possibilità di soccorso e supporto sono minime. Dalla Stazione si può andare via in 6-12 ore, in caso di pericolo, per un recupero in grotta possono volerci dalle 20 alle 40 ore».
Mentre i «grottonauti» sono sottoterra, il programma è fitto. «Eseguono esperimenti sulla geologia e rilievi topografici della grotta – spiega Bessone -. È stata studiata una grossa formazione piramidale ribattezzata Monviso in onore alle mie montagne. Sono anche stati scoperti esseri viventi non ancora catalogati». Il lavoro è incentrato sul «gioco di squadra» e sugli allenamenti per situazioni che potrebbero accadere sulla Stazione. «Si preparano, ad esempio, alle passeggiate spaziali – aggiunge Bessone –, rischiose e delicate e il pericolo c’è anche in grotta, dove un passo falso può far precipitare in un pozzo. Di sera, infine, ci si ritrova per mettere in comune le esperienze: prassi che sarà poi ripetuta in orbita».
Foto: Pixabay | CC0 Public Domain