Foresta Jacu Piu - Nuoro
- Scritto da Effe_E
La foresta di Jacu Piu si sviluppa su di un territorio strettamente legato alla storia di Nuoro, un'area ricca di insediamenti archeologici riconducibili alle civiltà nuragica, fenicia e romana.
Descrizione generale
L’area è situata nel territorio di Nuoro (parte N-E della omonima provincia) da cui dista circa 10 km, nel compendio denominato Jacu Piu. La quasi totalità della superficie risulta vincolata ai sensi del Regio Decreto n. 3267 del 30.12.1923, per cui la gestione deve rispondere a quanto prescritto dalle P. M. P. F. provinciali. La zona, in quanto interessata da superficie boschiva, risulta interamente vincolata ai sensi del Testo Unico in materia dei beni culturali e ambientali (D. Lgs. n° 490 del 29.10.99). L’intero territorio è caratterizzato da una ricca densità viaria benchè non adeguata alle necessità gestionali. L’accessibilità con comuni veicoli è possibile solo per una piccola parte della proprietà, ossia quella che conduce dall’ingresso principale al centro aziendale e nelle zone meno acclivi in prossimità. Le piste percorribili solo a piedi attraversano buona parte della proprietà. Si tratta di vecchie strade (S.P. ex Oliena-Orune) o carrarecce costruite in passato per il trasporto della legna e del carbone con mezzi a trazione animale. La proprietà di Jacu Piu può essere distinta sul piano altitudinale in tre zone: a N-O in località Capidanne, prossimi alla strada Nuoro-Siniscola ed alla vicinale Malamatu sono presenti le appendici vallive della proprietà, spesso proiettate in posizione vallivo-pedecollinare a giacitura mediamente pianeggiante e a dolce declivio (tra 150 e 250 m. s.l.m.); proseguendo in direzione N-S ed E-O il terreno si fa gradualmente più acclive (tra i 250 e 350 m. s.l.m.) ed infine il piano altitudinale montagnoso (350-699 m s.l.m.) rappresentato dai versanti che ascendono fino alla linea di cresta compresa fra Punta Sos Tinzosos, Janna sa Domo-Punta Muritu e Punta Chercos.
Circa il 90% di questi territori ricade nella fascia altimetrica compresa tra i 300 e i 600 m s.l.m..
Il regime dei corsi d’acqua si presenta con carattere torrentizio in quanto è condizionato dalla conformazione particolarmente accentuata dell’orografia del territorio, associata alla scarsa permeabiltà dei suoli (perché originatesi da substrati granitici) nonché dalla discontinuità stagionale del regime pluviometrico. Il paesaggio geologico è tipico ed inconfondibile dei graniti. Queste forme sono abbastanza aspre e tormentate, caratterizzate dalla presenza di torrioni, di pinnacoli, di ammassi giganteschi di elementi monolitici a prevalente forma globosa o subsferica.
In questo tipo di formazioni ricorrono incavi piccoli e grandi quali i tafoni e le conche.
L’erosione, soprattutto eolica, ha determinato la creazione di sculture alveolari e di altre incisioni ugualmente fantastiche.
Aspetti climatici e fitoclimatici
Il clima della zona può definirsi bistagionale come in tutta la Sardegna (è cioè caratterizzato da una stagione caldo-arida alternata ad una stagione freddo-umida).
Una caratteristica peculiare del clima sardo è data dall’incertezza e variabilità meteorologica del periodo primaverile, sia per quanto riguarda la piovosità che per quanto riguarda la temperatura. Infatti durante i mesi primaverili possono verificarsi degli innalzamenti eccessivi della temperatura, con ondate vere e proprie di caldo, con improvviso ritorno poi del freddo intenso: tutto questo porta ad immancabili danni alle colture che possono variare annualmente.
La variabilità piovosa è molto evidente durante il periodo autunnale: la stagione può manifestarsi in anticipo (ad esempio nel mese di settembre) mentre in altri casi può ritardare la sua comparsa fino a metà novembre, determinando lunghi periodi senza precipitazioni.
Anche l’intensità oraria delle precipitazioni in questa area è molto variabile, dato il carattere temporalesco di molti eventi piovosi. Altro elemento che caratterizza il clima della Sardegna sono i venti: più frequenti quelli occidentali che agiscono anche sulla vegetazione determinando fisionomie particolari delle piante più esposte. Il vento predominante è il maestrale, che spira durante tutte le stagioni.
Da questi elementi meteorologici, si può inquadrare questo territorio fito-climaticamente in due distinte zone, appartenenti alla fascia del Lauretum (sottozone calda e media).
Aspetti geopedologici
I substrati litologici sui quali insiste il territorio in esame e i relativi depositi di versante sono costituiti da graniti, granodioriti, leucograniti ecc., risalenti a ciclo ercinico dell’era Paleozoica.
Dal punto di vista pedologico la zona si colloca nell’area delle Terre brune (aree interessate da formazioni forestali o vegetali con un certo grado di evoluzione, piovosità intorno ai 700-800 mm e temperatura media annua superiore ai 10 °C).
Naturalmente le pratiche colturali irrazionali e gli incendi ripetuti a carico delle formazioni vegetali naturali, hanno esposto il territorio ai pericoli ed alle conseguenze dell’erosione quali: il ruscellamento, con il dilavamento e quindi l’asportazione degli orizzonti più superficiali del suolo. Tale fenomeno è particolarmente esaltato dalla morfologia accidentata dei graniti. Il termine più degradato di questa associazione comprende i litosuoli, suoli cioè nei quali pochi centimetri di terreno poggiano direttamente sulla roccia madre: la loro origine è dovuta all’azione di diversi fattori (situazione morfologica, scarsa copertura vegetale, erosione, esposizione) nei quali sopravvivono solamente formazioni vegetali poco evolute o fortemente degradate, pascoli naturali e macchie basse.
Aspetti vegetazionali e faunistici
La vegetazione che allo stato attuale caratterizza il territorio è costituta dalle sclerofille sempreverdi (Durisilvae) di Q. ilex.
Queste foreste di sclerofille hanno subito notevoli modificazioni, sia dal punto di vista fisionomico sia dal punto di vista strutturale, tutto ciò a causa dell’azione antropica concomitante con altri fattori (clima, suolo, incendi, limiti altitudinali ed ecologici).
In linea generale possiamo quindi in questa area è presente una foresta di Leccio, che per limitate superfici si presenta chiusa ammettendo al suo interno pochi elementi dell’ombroso sottobosco, che sono: il viburno (Viburnum tinus L.), il pungitopo (Ruscus aculeatus L.), la rubia (Rubia peregrina L.).
Quando lo strato arboreo si dirada, subentrano al suo interno altri elementi meso-eliofili che sono: il corbezzolo (A. unedo L.), l’erica (E. arborea L.), il ginepro (J. oxycedrus L.); altro tipo di vegetazione presente nell'area è la macchia.
Dove le condizioni climatiche sono più riparate e calde, si ha l’ingresso di specie termofile quali: l’olivastro (Olea europea var. sylvestris Brot.) e il lentisco (Pistacia lentiscus L.).
Le formazioni vegetali di Jacu Piu sono riferibili più precisamente alle seguenti categorie fisionomiche, che si succedono a partire dalla zona basale fino alla sua sommità:
- Macchia alta a sclerofille mediterranee, costituita da: Pistacia lentiscus, Olea europea, nel versante più termofilo; nel versante meno termofilo abbondano le altre specie come: Arbutus unedo, Juniperus oxycedrus, Phyllirea Latifolia, Erica arborea, Crataegus monogyna, e lianacee come Hedera helix, Clematis vitalba, Smilax aspera, ecc.
- Foresta di leccio, costituita prevalentemente da cedui più o meno invecchiati. Questi a seconda delle condizioni orografiche ed ecologiche delle diverse stazioni in cui si trovano, risultano essere accompagnati da specie diverse quali: Juniperus oxycedrus, Phyllirea latifolia, Arbutus unedo ecc.
- Fustaia rada di sughera, che si trova nel versante verso Oliena ed è costituita essenzialmente da piante sparse di sughera (una parte di questo versante è stato interessato recentemente da un incendio). La sughera è una specie molto esigente nei confronti della luce e si trova svantaggiata nel fitto della macchia soprattutto nei confronti del leccio. Per tale motivo è molto probabile che se il bosco si lasciasse alla sua evoluzione naturale, la sughera potrebbe essere destinata a scomparire. Almeno in certe stazioni, questa specie risulta essere favorita da interventi antropici con il taglio delle specie concorrenti, o attraverso eventi catastrofici come gli incendi.
Un tempo anche in questo territorio era presente quasi sicuramente una fauna superiore, ricca e varia. Essa ha risentito come nella generalità della Sardegna, del fenomeno della riduzione delle specie e degli individui, per effetto sia del bracconaggio che della presenza di attività produttive.
Una presenza significativa fra i macromammiferi che troviamo attualmente in questo territorio è il cinghiale (Sus scrofa meridionalis): tracce della sua presenza sono evidentissime in ogni angolo di questo territorio, dove ama scavare alla ricerca di cibo.
Altra presenza è quella del gatto selvatico (Felis silvestris lybica), specie molto rara, elusiva e difficilmente osservabile, e della martora (Martes martes latinorum). Molto più diffusa è invece la donnola (Mustela nivalis boccamela). Nelle radure è possibile incontrare la lepre sarda (Lepus capensis mediterraneus) ed il coniglio selvatico (Oryctolagus cuniculus huxleyi).
Gli uccelli più comuni che incontriamo all’interno del bosco sono la ghiandaia (Garrulus glandarius), il merlo (Turdus merula), il pettirosso (Erithacus rubecula), il fringuello (Fringilla coelebs) e il colombaccio (Columba palumbus). Altra presenza è quella del corvo imperiale (Corvus corax). Sono presenti anche dei rapaci notturni rappresentati dal barbagianni (Tyto alba), dalla civetta (Athene noctua) e dall’assiolo (Otus scops). L’area è interessata da una specie che occupa un posto importantissimo fra i rapaci: l’aquila reale (Aquila chrysaëtos). Una presenza potenziale potrebbe essere quella del falco pellegrino (Falco peregrinus), specialista nel catturare in volo i colombi selvatici coi quali condivide il territorio. Nelle radure caccia la poiana (Buteo buteo). Altri rapaci che hanno notevole importanza da un punto di vista naturalistico sono l’astore (Accipiter gentilis) e lo sparviero (Accipiter nisus), questi due rapaci amano vivere dove il bosco è chiuso, essi sono specializzati nella cattura delle prede dopo averle inseguite attraverso gli alberi.
La storia
Jacu Piu come Marreri e Baddemanna, rappresenta uno dei luoghi che fanno parte della storia di Nuoro, fatta di fatica e di silenziosa speranza: pascoli e vigne, orti e frutteti, teatro della vita di tutti i giorni, espressione di una città sospesa tra le sue radici legate alla propria terra.
L’area di Jacu Piu apparteneva alla famiglia Mannironi da circa un secolo. La parte valliva e pianeggiante era di proprietà del canonico Pasquale Lutzu, un alto prelato del capitolo della cattedrale di Nuoro.
La parte montana, invece, venne acquistata da Domenico Mannironi alla fine dell’Ottocento. Diventò un’unica proprietà in seguito al matrimonio tra Domenico Mannironi e una nipote del canonico Lutzu, Maria Antonia. Nella zona sono presenti alcune tracce della civiltà nuragica. A metà del costone del monte rivolto verso nord, esiste infatti un picco roccioso chiamato Nuragheddu, che prende il nome proprio da un insediamento nuragico. Ai suoi piedi, in una piccola conca, sono ancora visibili i resti di un pozzo sacro. Nella parte orientale dell’area, quella che confina con il Monte Ortobene, esiste un’antica necropoli, saccheggiata dai tombaroli negli anni Settanta. Oltre a manufatti in bronzo, sicuramente risalenti all’epoca nuragica, furono rinvenuti anche reperti in metalli preziosi di epoca successiva. Quasi sicuramente della civiltà punica e dell’epoca imperiale di Roma. Monete risalenti all’epoca di Diocleziano e di Costantino Imperatore furono trovate vicino alla chiesetta ormai in rovina di San Teodoro. Secondo alcune testimonianze, la chiesetta sarebbe stata costruita sui resti di una struttura nuragica. Lungo la valle di Marreri, secondo quanto scritto da Goffredo Casalis nel suo Dizionario Geografico, passava una delle antiche strade romane notate nell’Itinerario di Antonino. E’ quindi molto probabile che le monete ritrovate vicino alla chiesetta di San Teodoro siano la traccia di un insediamento romano non scoperto. La casa colonica, o meglio la struttura originaria, risale al 1925. Lo prova un’iscrizione in pietra: D.M. 1925, dove D.M. sta per Domenico Mannironi. Secondo il racconto di alcuni anziani, l’iscrizione sarebbe stata fatta utilizzando il vecchio marchio per il bestiame dell’azienda familiare. Nel 2002, nella casa colonica di Jacu Piu, è stato girato il quarto episodio del film “Ballo a tre passi” del regista dorgalese Salvatore Mereu, che ha vinto il Premio della Critica alla mostra del cinema di Venezia nel 2003.
Come si raggiunge
Alla proprietà vi si accede dalla statale Nuoro-Siniscola ("la Solitudine") all’altezza del km 9: da qui si percorre per circa 1 km la procinciale Malamatu e si imbocca la strada vicinale Ziminaru. La proprietà ad ovest dista poche centinaia di metri dal complesso forestale del Monte Ortobene.
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