Regionali 2014: Programmi su istruzione e ricerca
- Scritto da Gigliola_Sulis
Finalmente cultura ed istruzione. O è solo retorica?
La lettura dei programmi delle coalizioni non è facile, poiché costruzioni retoriche e linguaggi pseudo-tecnici tendono a oscurare il messaggio più che a renderlo fruibile: i programmi non sembrano essere intesi come strumento di ampia comunicazione – una funzione, questa, affidata ad altri canali. Con saltuarie eccezioni, i programmi non nascono da una matura riflessione sui temi trattati, tanto che sorge il dubbio che non siano stati coinvolti, se non superficialmente, esperti e operatori del settore.
Inoltre, sembrano essere stati redatti in tempi brevi e, nei migliori dei casi, sono elenchi di buone intenzioni e principi-guida generali (e generici). Il sospetto è che si tratti di proposte volutamente vaghe, segno della volontà di non prendere impegni concreti e verificabili. In questo, le proposte presentate tradiscono lo stesso significato del termine ‘programmare’, che qui non sembra trattato come sinonimo di ‘organizzare’ e ‘pianificare’.
In generale, l’attenzione si concentra su scuola e formazione più che su università e ricerca. Maggiore consapevolezza delle priorità d’azione è dimostrata da Pigliaru (che presenta dati d’analisi verificabili, almeno per il settore scuola), seguito da Murgia. L’interesse per i problemi e le potenzialità della formazione e della ricerca va a scemare con i candidati del centro-destra Pili e Cappellacci, entrambi interessati quasi esclusivamente dall’enunciazione di progetti a effetto (es. la creazione del distretto aereo-spaziale proposto da Cappellacci) e ad accrescere il ruolo del privato nel pubblico, a tutti i livelli.
Limitata e monotematica appare la prospettiva degli indipendentisti di Devias, che non fanno proposte in merito a ricerca/innovazione, mentre per il settore formazione si concentrano sull’imposizione del sardo nelle scuole, università e uffici pubblici, e sullo spostamento di competenze dal livello nazionale a quello regionale (es. un ‘provveditorato agli studi sardo’ svincolato dal ministero, o l’assunzione di competenza legislativa sugli ordinamenti scolastici e universitari da parte della Regione), in contrasto con le normative nazionali vigenti.
Nel complesso, i programmi appaiono a tratti decontestualizzati. Nessuna coalizione, per esempio, propone una riflessione sulla scuola contemporanea sarda come realtà multietnica, e se viene citato da alcuni il bilinguismo sardo-italiano (Murgia, Pili, Devias) non sono prese in considerazione più ampie situazioni di plurilinguismo, legate ai flussi migratori degli ultimi vent’anni. Neanche le problematiche relative alla formazione degli studenti con bisogni educativi speciali trovano molto spazio: un cenno agli ‘studenti in stato di svantaggio’ compare nel programma di Pigliaru, mentre la disabilità è trattata da Murgia sotto il profilo assistenziale ma non formativo. Si nota inoltre con preoccupazione che nessuno affronta la spinosa questione della distribuzione dei (pochi) finanziamenti disponibili tra settore pubblico e istituti privati. Tutti i programmi, pur se con gradazioni d’intensità differenti, sono improntati ad un’ideologia che vede sia l’istruzione che la ricerca come alleate delle esigenze del mercato (Pigliaru, Murgia), quando non espressamente assoggettate a esse (Cappellacci, Pili). La ricerca di base è menzionata da Pigliaru e Murgia, mentre per la destra, ricerca e innovazione sono intese quasi esclusivamente come ricerca applicata.
Per tutte le coalizioni, i progetti indicati non sono sostenuti da adeguati piani pratici di realizzazione. Nebulose (o non trattate) le tempistiche, e soprattutto, nessuno spiega quali risorse verranno destinate per metterli in pratica. Da dove verranno i fondi? Saranno sottratti ad altre aree di bilancio? E quali? Si procederà in controtendenza rispetto ai tagli operati senza sosta su scuola, università e ricerca a livello nazionale? In che modo? Quali sarebbero i privati disposti a intervenire nel settore ricerca e formazione, in una regione in cui l’impresa è quanto mai fragile e in stato di crisi permanente? Ancora: come tutelare l’indipendenza degli istituti di istruzione e ricerca da ingerenze indebite dei privati? E infine, a quali dei tanti progetti presentati sarà data priorità, nel caso assai probabile di risorse limitate e insufficienti?
Dal momento che nei programmi non c’è traccia di una riflessione sulla questione della copertura finanziaria, si prospetta uno scenario post-elettorale in cui la coalizione vincitrice – qualunque essa sia – annuncerà presto di dover accantonare i progetti inseriti in programma a causa delle pressanti difficoltà economiche, come tante volte si è verificato in passato.
Ultimo punto. Dai programmi non emerge con forza una prospettiva globale entro la quale sia pianificato il futuro della regione: si proietta invece l’immagine di una Sardegna capace di gestirsi e autodeterminarsi senza interazioni significative con il contesto nazionale e internazionale, e senza una profonda conoscenza delle dinamiche politiche, economiche, sociali e culturali delle moderne società globalizzate. Solo Pigliaru e Murgia fanno riferimento a finanziamenti e normative dell’Unione Europea mentre la dimensione italiana non compare in alcun modo, quasi a dare l’impressione irrealistica che i programmi di destra, sinistra e indipendentisti si possano realizzare con le sole forze interne all’isola.
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TABELLA RIASSUNTIVA
Cominciamo il domani | Il programma si articola nelle sezioni scuola, università, ricerca e innovazione. Più motivata l’analisi della situazione scolastica, più approssimative le altre. Per la scuola, si propongono interventi urgenti contro le diseguaglianze territoriali-sociali e la dispersione scolastica. Per università/ricerca si cita più la connessione tra ricerca-impresa che la ricerca di base, e non vi sono cenni all’alta formazione (es. quella del vecchio Master and Back di Soru). Nonostante la dichiarazione di principio secondo cui le ‘politiche dell’istruzione e le pari opportunità costituiscono la priorità dell’azione di governo regionale’, non è chiarito come queste possano essere attuate in un contesto nazionale segnato da anni di tagli, sostenuti sia dalla destra sia dallo stesso partito del candidato governatore. |
Fronte Indipendentista Unidu | Il programma sembra considerare la Sardegna come entità statuale indipendente già all’indomani delle elezioni, dal momento che molti dei punti proposti – vertenti quasi esclusivamente sulla questione della lingua sarda – sembrano in contrasto con le leggi italiane vigenti. Alcuni esempi: l’imposizione del sardo come lingua ufficiale in ogni ente e ufficio pubblico, la conoscenza obbligatoria del sardo (o delle altre lingue di minoranza presenti nell’isola) per tutti gli insegnanti e l’esame obbligatorio di sardo nei corsi universitari sono potenzialmente discriminanti verso i cittadini non sardofoni. Le problematiche e prospettive della ricerca non sono prese in considerazione. |
Movimento Zona Franca | I temi sono assenti dal programma. |
Sardegna Possibile |
Istruzione e ricerca (più la prima che la seconda) sono indicate tra settori prioritari a cui applicare il metodo dei micro-modelli di progettazione, vero cardine del programma, secondo il seguente schema: individuazione degli ambiti di intervento; raccolta e analisi dei dati; azione triennale; verifica e riprogrammazione. Non si evince però se il preambolo esplorativo sia stato già compiuto, né, in caso contrario, quali tempi siano necessari perché si passi dalle fasi d’indagine e progettazione all’azione di governo. Sono previsti massicci investimenti regionali in tutti i settori indicati, ma non è mai specificato quale sarà la copertura finanziaria. |
Schiena dritta, testa alta | Scritto con un linguaggio tanto roboante quanto vacuo, il ‘Piano Marshall della crescita e della cultura’ di Pili è un elenco di intenzioni presentate in ordine sparso, dalla rivitalizzazione della lingua sarda ‘in modo organico e coinvolgente’ [sic] all’internazionalizzazione del sistema universitario. Al di là delle dichiarazioni d’intenti, il tema forte è la subordinazione dei processi formativi alle necessità di mercato, al fine di ‘colmare il divario tra l’istruzione che il sistema economico richiede per essere competitivo e l’istruzione che viene impartita’. Non si dice con quali risorse e modalità verranno finanziati gli ambiziosi progetti sbandierati – es. potenziamento dell’astrofisica attorno al radiotelescopio del Gerrei, nuovi campus universitari, ‘partnership mondiali’ per le università sarde, coinvolgimento del mondo studentesco nella vita istituzionale, cablatura della Sardegna. |
Ugo Cappellacci presidente | Le proposte legate a istruzione e ricerca sono diluite in altri paragrafi e limitate all’enunciazione di poche parole-civetta e slogan generici (es. ‘capitale umano: la nostra risorsa più preziosa’, ‘nascita di un ecosistema dell’innovazione’, ‘favorire insediamenti universitari di qualità’). Formazione e ricerca compaiono essenzialmente in funzione del ruolo che possono svolgere per la ‘risoluzione dei problemi concreti delle imprese’. Si accenna a rimborsi delle spese di istruzione dei figli, ma non è chiaro a chi siano riservati, visto che la famiglia viene definita in senso restrittivo e discriminante come ‘comunità naturale fondata sul matrimonio’. Nessun cenno a copertura finanziaria e risorse disponibili. |
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