La società dello spettacolo in un furto a Carbonia
- Scritto da Effe_Pi
Due donne arrestate nel centro sulcitano per aver rubato dei vestiti hanno chiesto di truccarsi per le foto segnaletiche, quando l’estetica va oltre paura e dignità.
Che questa sia l’epoca dell’immagine, in cui l’aspetto e la cura fisica sono considerati spesso un valore superiore a tutti gli altri, non c’è dubbio, come non c’è dubbio che l’estetica sia un valore relativo e che quindi quello che per alcuni può essere pura bellezza per altri risulti solo volgare o pacchiano. Ciò che è certo è che un canone estetico prevalente esiste, ed almeno in Sardegna e in Italia è quello della griffe, dei muscoli pompati in palestra e del trucco e parrucco perfetto e impeccabile in tutte le situazioni. La provincia forse aggrava queste situazioni portando ad estremi come quello che si è segnalato nei giorni scorsi a Carbonia, quando due donne, fermate da un Maresciallo dei Carabinieri fuori servizio, che le ha colte a taccheggiare in un negozio di vestiti, hanno chiesto di potersi truccare prima delle foto segnaletiche, in modo “da non sfigurare negli scatti”.
Nemmeno la vergogna o la preoccupazione per essere state colte sul fatto e rischiare l’arresto o la denuncia, quindi, sono state capace di distrarre la disoccupata e la studentessa universitaria del Sulcis dai loro veri valori “fondativi”, quelli stessi che probabilmente le hanno condotte a rubare proprio vestiti firmati, e non cibo o altri beni di prima necessità. Una storia che probabilmente sarebbe potuta finire in un saggio dello scrittore e filosofo francese Guy Debord, autore de “La società dello spettacolo”, che analizzava proprio le modalità con cui “tutta la vita delle società in cui regnano le moderne condizioni di produzione si presenta come un’immensa accumulazione di spettacoli. Tutto ciò che era direttamente vissuto si è allontanato in una rappresentazione”. Insomma, prima ancora della preoccupazione per essere state colte e rubare e per le conseguenze negative che questo sicuramente comporterà, le due donne sono interessate alla sua rappresentazione, alle foto che ne derivano, allo spettacolo che ne deriva: come scrive Debord, vedono istintivamente sopra a tutto quello spettacolo che “considerato secondo i termini suoi propri” è “l’affermazione dell’apparenza, e l’affermazione di ogni vita umana, cioè sociale, come pura apparenza. Ma la critica che coglie la verità dello spettacolo lo scopre come la negazione visibile della vita; come una negazione della vita che è divenuta visibile”.
Foto: Agnes su Flickr