La Sardegna che ha bisogno dei Savoia - 1 -
- Scritto da Effe_Pi
Nell'isola molte strade e piazze principali sono ancora dedicate agli antichi regnanti, mentre i patrioti sardi hanno posti meno nobili nella toponomastica: come mai una dinastia così poco attenta alla Sardegna è ancora così considerata?
Di Enrico Lecca
In Sardegna molte vie principali, piazze e strade sono dedicate a dei personaggi che alcuni storici non hanno esitato e tutt’ora non esitano a definire “ottusi, opportunisti, parassiti, ignoranti, reazionari”. Mi riferisco ai membri della dinastia Savoia, ai quali abbiamo pensato di dedicare strade e piazze tra le più importanti dei nostri centri. Senza ombra di dubbio questi personaggi si sono meritati una certa fama sull’Isola che hanno sempre disprezzato e bistrattato. Un’isola che portò ai conti di Savoia il titolo monarchico, tanto desiderato e agognato, e una serie di mal di pancia. Già perché ai Savoia interessava il titolo per potersi far chiamare Re, ma di amministrare la Sardegna ne avrebbero fatto decisamente a meno. Infatti, potendosi sedere al tavolo dei vincitori (grazie al solito vantaggioso voltafaccia) dopo la guerra di successione spagnola, il Duca di Savoia aveva espresso il desiderio di possedere la Lombardia, che non ottenne.
Gli fu concessa invece la Sicilia, che fu costretto a cedere dopo poco tempo a Carlo VI d’Asburgo. Cosa ricevette in cambio? Il Regno di Sardegna. Niente di più umiliante per Vittorio Amedeo II, che aveva creduto di meritare chissà quale gloria dopo il suo trascurabile contributo alla guerra. La Sardegna a quel tempo era una terra arretrata, in cui ancora vigeva il sistema feudale, con i feudatari che impedivano ogni tipo di cambiamento e un popolo rozzo, abbruttito da tanta ignoranza, dalle carestie e dalle malattie. Insomma, una bella palla al piede per i neo-re, che a mala pena sapevano dov’era situato, nella cartina geografica, il loro Regno. Di sicuro lo scoprirono nel 1799, quando si trasferirono in Sardegna, convinti da Napoleone che a suon di cannonate occupava il Piemonte. Facendo un rapido calcolo, passarono ben 79 anni dal momento in cui i Savoia divennero Re al momento in cui posero i loro regali piedi sul suolo sardo. Un record!
Un caso unico, probabilmente, nella storia dei regni e dei re. Inutile dire che gli unici davvero felici della presenza del Re e della corte in Sardegna erano i feudatari, che approfittarono della situazione per chiedere più possedimenti, più terre, più privilegi. Le condizioni di vita del popolo invece peggiorarono, in quanto ad esso spettavano le spese per tanta ospitalità, e si sa, mantenere un Re e tutta la sua Corte costa parecchio. Proprio in questo periodo i sardi impararono a conoscere un personaggio il cui nome è ancora familiare: Carlo Felice. La strada che collega il sud al nord dell’Isola porta il suo nome, perché, nonostante i fondi per la costruzione furono stanziati in precedenza dagli Stamenti, egli volle che l’opera fosse iniziata e si impegnò per realizzarla. Onore e merito al viceré dunque. Durante il suo viceregno la situazione delle finanze era pietosa, e più diminuivano le disponibilità del tesoro pubblico più aumentavano quelle del suo tesoro privato. La Sardegna fu per Carlo Felice un affare d’oro: mentre le carestie decimavano la popolazione e i contadini affamati venivano oppressi dai tributi, il patrimonio privato del viceré cresceva e cresceva. Erano gli anni successivi ai moti rivoluzionari sardi, anni di persecuzioni, governo poliziesco, terrore e forche.
Carlo Felice in una lettera rivolta al fratello scrisse: “ Ammazza, ammazza per il bene del genere umano”. Questo il pensiero illuminato del viceré, che permise il massacro di intere comunità, torture e omicidi di oppositori. A questa situazione intollerabile si aggiunsero le carestie, come ad esempio quella del 1812, “su famini de su doxi”, e quella del 1816 non meno terribile. Proprio nel 1816 Carlo Felice si trovò costretto ad abbandonare Cagliari, invasa da mendicanti affamati e straccioni disperati, per trasferirsi a Villa d’Orri e aspettare tra gli agi di abbandonare definitivamente la Sardegna. Quando poi divenne Re, a seguito dell’abdicazione del fratello, tutti i sudditi, anche quelli d’oltremare poterono ammirare tutta la sua ottusità. Purtroppo di Carlo Felice esiste anche una statua, a Cagliari in piazza Yenne, che lo ritrae mentre indossa abiti da imperatore romano, mentre indica la direzione sbagliata per raggiungere la strada che porta il suo nome.