INtervista a Michele Schirru, candidato con SEL
- Scritto da Effe_E
Le INterviste di IteNovas.com sulle elezioni regionali del 2014.
4 Domande, sempre le stesse per tutti i candidati, sui temi caldi di questa campagna elettorale.
1) Cosa ritiene di poter fare in consiglio regionale di diverso da quanto fatto finora?
Il Consiglio Regionale e più in generale le istituzioni democratiche sarde necessitano di un profondo rinnovamento e di una nuova classe dirigente che possa dare avvio ad un processo di progresso sociale ed economico della nostra terra attraverso competenze di nuova generazione.
È necessario abbandonare le liturgie classiche e dare avvio ad una vicenda politica che possa anzitutto consentire al popolo sardo di essere più vicino alla sua massima istituzione. Le vertenze territoriali vanno affrontate in maniera più capillare ed approfondita, abbandonando lo schema di politica clientelare e dando vita per ogni territorio a progetti di lungo termine concordati con la giunta regionale. Inoltre, va data centralità all’azione del Consiglio Regionale: la giunta deve dar seguito alle mozioni e agli ordini del giorno che vengono approvati, e andrebbero discusse in maniera maggiore le proposte di legge dei gruppi e dei consiglieri.
In particolare credo che il mio territorio, il Medio Campidano, abbia bisogno di Consiglieri Regionali volenterosi e al passo coi tempi, che possano intraprendere un percorso istituzionale coinvolgendo le popolazioni e le amministrazioni locali. Per il Medio Campidano sono necessarie scelte concrete, decise e non più rinviabili: va studiato un piano per il turismo che possa consentire al nostro territorio di mettere a frutto le proprie bellezze naturalistiche costiere e delle aree interne. Il punto di partenza arriva dalla bonifica e riconversione della aree minerarie di Ingurtosu e Montevecchio, ancora ferme dalla chiusura dell’attività estrattiva. Con le bonifiche va avviata la ristrutturazione degli stabili, dando prospettive di lavoro all’edilizia. Successivamente tutti i beni minerari dovranno essere restituiti ai comuni a canone agevolato, come previsto dalla legge 33/98, per far sì che possano essere utilizzati con fini turistici. Vanno messe in sicurezza le strade, risolte le vertenze industriali della Keller e della CerMed, due eccellenze nazionali nei loro specifici campi, per cui in questa legislatura non si è fatto tutto il possibile.
Il Consiglio Regionale deve essere un luogo trasparente: occorre tagliare ulteriormente le indennità di carica fino ad arrivare a cifre sostenibili dal punto di vista etico. Credo che la moralizzazione della politica debba essere determinante in una fase di crisi acuta come questa. Personalmente, mi farei portatore di due temi su tutti: il contrasto alle povertà estreme, e il diritto allo studio. Nel primo caso, la Regione dovrà investire fortemente in politiche di contrasto alla povertà, cancellando l’assistenzialismo e creando progetti di inclusione sociale che possano consentire alle periferie urbane e non, di tornare al centro della nostra società.
Sul diritto allo studio, la XIV legislatura è stata un disastro: tagli su tagli, cancellazione di validi progetti che avevano segnato un salto di qualità innovativo della Sardegna negli anni precedenti. Nel 2013/2014, saranno circa il 50% gli studenti idonei non beneficiari di sulle borse di studio all’Università di Cagliari: ragazzi meritevoli che si vedranno negare l’assegno della borsa. Una profonda ingiustizia che non può e non deve esistere. Prima di tutto l’istruzione, e solo chi fa parte di quel mondo e vive ogni giorno da studente fuori sede può capire quanto sia importante il sostegno della Regione in un percorso di studio.
2) Emergenza lavoro: un solo provvedimento che la regione può fare in tempi brevi
L’intervento pubblico è essenziale per poter dar vita a processi che creino occupazione e lavoro di qualità. Il primo provvedimento da prendere sarà un piano per il lavoro che partendo dalla messa in sicurezza del territorio, la bonifica e la riconversione, possa migliorare la qualità ambientale e soprattutto dar vita a cantieri che facciano ripartire l’economia e il comparto edile dell’isola.
Deve riprendere poi la vertenza entrate, che potrebbe consentire un abbassamento della pressione fiscale per dare respiro alle imprese sarde, e soprattutto nel lungo periodo finanziare una forma di liberazione dalla precarietà e dal lavoro nero: il reddito minimo garantito. Non sottoforma di assegno assistenzialistico, ma come riequilibrio sociale per promuovere lavori di pubblica utilità e di formazione.
La Sardegna ha bisogno di una seria politica industriale concordata con il governo nazionale, per far riaccendere le speranze dei grandi agglomerati industriali del Sulcis e di Porto Torres.
3)Autonomia, sovranismo o indipendenza? E perché?
La Sardegna è una regione con le sue specificità, le sue differenze, che deve per forza avere una spiccata autonomia e sovranità nel poter governare il proprio bene comune.
Non credo, sinceramente, nell’indipendenza, perché credo nella costituzione repubblicana nata dalla lotta antifascista, che mi fa quindi pensare alla Sardegna come parte integrante della Repubblica Italiana. Ma questa nuova concezione di “sovranismo” potrebbe essere la giusta via di mezzo tra un politica totalmente subordinata allo stato e la totale indipendenza dell’isola.
I sardi devono poter gestire tutte le proprie risorse, ed evidenzio qui nuovamente la vera battaglia cruciale da portare avanti nei primi mesi di legislatura: vertenza entrate con lo stato. L’accordo del 2006, prevede che lo stato restituisca anno per anno, 5 miliardi di euro alla Sardegna. Tra il 2009 e il 2010, Cappellacci e Berlusconi hanno interrotto l’accordo tra stato e regione e la Sardegna ha perso i soldi di un patto raggiunto con dettaglio e sacrificio. Si tratta di una vergogna totale, e credo che il prossimo Presidente della Regione debba immediatamente rilanciare la vertenza e far sì che alla Sardegna sia garantito e riconosciuto ciò che gli spetta. Pigliaru ha questa caratteristica. Sovranismo, se si può dire, perché siamo prima di tutto sardi.
In tanti mi raccontano (ho 22 anni e non ero ancora nato) che una delle migliori esperienze di governo in Sardegna sia stata la giunta di sinistra guidata dal sardista Mario Melis: perché non ripartire da lì, rilanciando ad esempio il dibattito pubblico sulla liberazione della nostra terra dalle servitù militari e dal loro inquinamento? Personalmente sono molto orgoglioso di far parte di una coalizione che non può essere definita esclusivamente di CentroSinistra: ha ampi tratti di sovranismo, con la partecipazione di partiti identitari come Irs, Rossomori, Partito dei Sardi. Lo stesso Sel in Sardegna non può essere identificato esclusivamente con il partito “nazionale”: abbiamo una grande autonomia, che ci ha portato in questi anni a studiare nuove formule politiche più strettamente legate alla nostra terra, per la costruzione di un percorso della sinistra sarda che via via sta andando a comporsi all’interno di questa coalizione. Non ho mai sentito parlare di “Sel Piemonte” o “Sel Lazio”. Ma di “Sel Sardegna”, sì.
4)Qual è la novità di queste elezioni? Perché un sardo deluso dovrebbe tornare alle urne?
La vera novità di queste elezioni è il CentroSinistra “sovranista” di Francesco Pigliaru. Abbiamo dimostrato di saper discutere, di essere seri e di mettere prima di tutto l’unità di una coalizione per il bene della Sardegna. La nostra terra ha l’occasione di prendersi una rivincita: avere un Presidente serio, onesto, competente e con le idee chiare.
Con una coalizione composta da partiti che si sono rinnovati nella composizione delle liste e che schierano altissime professionalità, in tutti i campi, sia tra i candidati che tra i “sostenitori”. Una coalizione ampia che non si è rinchiusa in un fortino del “so tutto io” ma che ha avuto la capacità di arricchirsi giorno per giorno, fino a costruire un progetto serio e concreto per il rilancio della nostra isola e per il futuro dei nostri giovani.
Nel Medio Campidano, la lista di Sel si gioca il tutto per tutto: sfidiamo la politica delle sacche di voti e della clientela. Vogliamo dimostrate che tutto può cambiare: 4 candidati, due uomini e due donne in perfetta parità di genere, tutti laureati e con competenze, età media 28 anni. Il cittadino medio, stanco della politica e delle solite facce, non può chiedere di più. Abbiamo agito in coerenza con i nostri principi e con ciò che i nostri simpatizzanti e concittadini hanno sempre richiesto: rinnovamento, volti nuovi, passione e grinta.