Una Sardegna a Mano Armata
- Scritto da Giornalista Pubblicista
I tanti omicidi delle ultime settimane nell'isola, la reazione delle comunità e una realtà di faida che nel 2022 colpisce ancora tante zone di rara bellezza.
Di Serpico
Jerzu, Oliena, Gesturi….
Leggendo i nomi di questi paesi di certo i pensieri vanno alle rare bellezze di loro territori. L’Ogliastra, la Barbagia e la Giara sono posti incantevoli, di una bellezza unica che mozza il fiato, una bellezza dirompente, totalizzante e a tratti violenta. Gli stessi abitanti dell’Isola ne rimangono stupiti mentre i forestieri e i tanti visitatori letteralmente folgorati. Anche perché la cornice che racchiude la meravigliosa natura è fatta di cieli stellati, notti silenti, bontà del cibo e ospitalità diffusa ovunque.
Stavolta la quiete di questi posti è sconquassata dagli echi di sorde fucilate che spengono vite umane. In campagna o dentro il centro abitato, soli o di fronte alla famiglia, sull’uscio di casa o in azienda. Fucilate di mani assassine dissonanti con il quieto vivere di questi borghi, abitati da gente laboriosa e onesta. Il male, la viltà, il totale disprezzo per la vita altrui, l’odio viscerale che si autoalimenta spesso per futili e banali motivi che sembra quasi non ci appartengano, oppure sembra siano relegati ad anni bui di molte zone della Sardegna, irrompono invece fulminei e prepotenti. Eppure il Male, il germe dell’odio, è annidato tra noi, anche nelle comunità tradizionalmente lontane da dinamiche di faide e criminalità, che tanto male hanno fatto alla Sardegna.
Fatti criminosi che spesso sono stati utilizzati per costruire rozzi pregiudizi e stereotipi duraturi e nefasti. Crimini che in tanti hanno utilizzato per rispolverare tesi lombrosiane e spesso giustificare i fallimenti e l’assenza di uno Stato concepito sempre come estraneo, nell’’inefficacia di riforme e provvedimenti. Lo Stato assente, che si presentava solo in divisa e attraverso rastrellamenti indiscriminati spesso poco lodevoli. Nel frattempo crescevano falsi miti da osannare e purtroppo da emulare. Ma di fronte a tali barbarie, da animali sociali che vivono in comunità dobbiamo pure porci delle domande, col rischio che siano scomode o che diano risposte che non vorremmo sentire! Dobbiamo provare a capire, parlando con i giovani, con i loro genitori e gli insegnanti, per provare a tracciare una scala di valori, dobbiamo cercare di trovare cause e motivazioni dello scatenarsi di tale violenza. Sennò rischiamo di prenderci in giro e nasconderci dietro facili e frettolose analisi equiparando un omicidio a un tumore o a un infarto. Si muore per tante ragioni! Avrà di certo fatto qualcosa di male per aver fatto quella fine! Chissà cosa avrà visto che non doveva essere visto! Pace all’anima sua! Bisogna pensare a vivi, a chi rimane…….
Non c’è tanta voglia di parlare in questi casi, le campane che suonano a morte in questi freddi pomeriggi di gennaio non lasciano spazio ai discorsi. Bisogna pensare ai vivi! In coscienza c’è una condanna verso la bestialità di troppi killer impuniti, di tanti visi celati da passamontagna, protetti da flebili luci in viottoli deserti e mulattiere di campagne ormai deserte e abbandonate. Gli assassini sono condannati senza appello dalle genti che popolano queste comunità, che si sentono violentate e violate. Si uccide senza far notizia e senza conquistare un posto nell’agenda politica. Si uccide perché in certi ambienti è richiesto l’utilizzo della violenza come mezzo di risoluzione dei conflitti. La violenza è insita. Si uccide quasi a ritmi delle regioni dove sono presenti organizzazioni di criminali di tipo mafioso, spesso di tipo verticistico e piramidale, arcaiche e radicate nei territori. Si uccide per odio, vendetta e per uno sguardo storto! Per dissidi in vicende di malaffare o danneggiare ipotetici rivali! Si uccide per vigliaccheria, gelosia, per baldanza e cattiveria. Si uccide troppo! Troppo per un’Isola che ha ben altri spettacoli da offrire a chi la abita, a chi viene a visitarla e a chi la ama.
Foto | Greg Gjerdingen su Flickr