I sardi e la loro genetica: il Coronavirus e la malaria
- Scritto da Effe_Pi
Il corredo genetico di una parte consistente della popolazione dell’isola, in particolare nelle zone in passato più colpite dalla parassitosi, potrebbe attenuare l’effetto di Covid-19.
La Sardegna entra di prepotenza nel dibattito su Covid-19, dopo le parole del virologo dell’Università di Padova, Andrea Crisanti, sulla possibilità che l’isola (o meglio alcune zone di essa) possa essere tra i primi territori a concludere la lunga “quarantena” data dall’epidemia. Una presa di posizione che ha scatenato grandi polemiche, addirittura con accuse di usare i sardi come “cavie”, da parte del professore, considerato il padre del “modello” Veneto, che ha impedito alla regione del Nord di seguire il tragico destino della vicina Lombardia, attenuando il pur grave danno subito finora. Crisanti è un sostenitore della politica dei test o tamponi a tappeto, del monitoraggio di tutti i contagiati attraverso apposite app che ne traccino gli spostamenti e addirittura della massima prudenza anche tra le mura casalinghe, con l’uso di mascherine all’interno dei nuclei familiari, considerati in questo momento i luoghi più a rischio.
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Sembra quindi difficile che voglia giocare al massacro coi sardi, in realtà nella sua intervista al Corriere della Sera che ha generato le polemiche, ha detto “riaprirei prima le aree dove il rischio di trasmissione del virus è più basso, tipo Sardegna, province come Cagliari, Oristano. E terrei per ultima la Lombardia, Bergamo in particolare. Ma bisogna essere veloci e tempestivi. Perché mi sento di dire che il male peggiore nella lotta al coronavirus è stata lei: la burocrazia. Si poteva fare tanto e subito». Sulla burocrazia e la lentezza di reazione ha sicuramente ragione il virologo, anche per quanto riguarda l’isola, dove gran parte dei contagi sono stati finora nelle strutture sanitarie e nelle case di riposo (in particolare del sassarese), dove i tamponi al contrario di quanto da lui sempre invocato sono stati pochissimi, migliaia in meno di regioni molto più piccole della Sardegna - ad esempio l’Umbria - e dove prima che la regione attivasse controlli seri o chiedesse il blocco degli ingressi da fuori sono arrivati circa 20mila “turisti” fuori stagione dal Nord Italia.
Ma il tentativo di usare la Sardegna come “caso di studio”, se potrebbe aiutare una ripresa dell’economia e salvare magari in parte la stagione turistica, potrebbe avere una variabile nel corredo genetico di tanti sardi. Secondo alcuni studiosi, infatti, il legame con la malaria renderebbe più “coperti” gli abitanti dell’isola che hanno avuto il sistema immunitario modificato dal retaggio della malattia, così diffusa non a caso proprio nelle (vecchie) province di Oristano e Cagliari, dove è anche più presente il favismo, carenza enzimica sviluppata proprio in conseguenza della malaria. A dirlo è stata una fonte ufficiale come Francesco Cucca, docente universitario e ricercatore, in rappresentanza del Comitato tecnico-scientifico della Regione sarda, secondo cui “saremo in grado di verificarlo più avanti, ma è verosimile ipotizzare che il sistema immunitario dei sardi abbia sviluppato una particolare configurazione, che è sotto controllo genetico, proprio per rispondere alla malaria”, aggiungendo che “esistono particolari forme dei geni che danno risposte molto più potenti a livello anticorpale. Circa il 50% dei sardi ha questa particolare forma del gene che, effettivamente, determina una migliore risposta alla malaria ma, in generale, anche un sistema immune più pronto, per tutta una serie di attacchi, tipo questo”. La malaria avrebbe determinato “la selezione di particolari geni frequenti. Ci sono varianti che sono presenti nel 26,5% dei geni, e in circa il 50% dei sardi, che in certe altre zone d’Europa sono presenti nello 0,5% o nell’1%. Sarà importante, quando si partirà con questi studi, avere la possibilità di profilare le persone a rischio”.
Foto | Ed Uthman su Flickr