La magia di Villanova in una Cagliari meno nota
- Scritto da Manuel Muscas
Un quartiere della città che non è di immediato passaggio per chi arriva da fuori, i "temibili barbari" che arrivano dalle altre zone della Sardegna.
Chiudendo gli occhi, Cagliari ci appare spesso rappresentata dai gialli palazzoni di Piazza San Michele, primo punto d'approdo per i "temibili barbari" provenienti dalla lunga via del tanto criticato Carlo Felice; per i "barbari" più riflessivi l'immaginazione si spinge verso le alte mura di Castello, viste e ammirate durante l'ultima edizione di Monumenti aperti. Uno sguardo più attento e meno classico permetterà però di visitare un quartiere di Cagliari che appare quasi come un paesino, con le sue peculiarità e i suoi tratti caratteristici; il quartiere di Villanova, è un vero è proprio giardino aperto al pubblico, è un museo delle nuove identità che si mescolano in maniera armonica con i tratti tipicamente "casteddai".
La visita al quartiere deve obbligatoriamente avvenire con delle scarpe silenziose che permettano un ascolto accurato dei diversi idiomi e dialetti che sentirete spuntar fuori dalle finestre, che si affacciano colorate sulle stradine. Villanova appare al visitatore come un'oasi felice dell'integrazione multietnica.
Al tramonto il profumo delle spezie indiane e africane si mischia all'odore di pesce arrosto e di sugo fatto in casa; una luce speciale illumina le strette vie, i gerani colorati fuori dalle piccole aiuole sembrano di plastica. Al tramonto il rumore dei carrelli degli stanchi venditori indiani, al rientro da una dura giornata di lavoro, si confonde con quello delle biciclette degli studenti; il tempio Sik sta accanto alla bottega di un fabbro, che aspetta il rumore del carrello del lavoratore pachistano per poter smontare i suoi attrezzi e tornare a casa.
A Villanova non si usano orologi, tutto sembra infatti scandito da ritmi regolari e da quei rumori che solo camminando con soffici scarpe si possono riuscire a percepire.
Foto Via Grego1402 su Flickr