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Il paradiso degli innocenti - Parte ottava

  • Scritto da Luigi Citroni

Il paradiso degli innocenti - Parte ottava - Un thriller che vi lascerà con il fiato sopeso.


Il paradiso degli innocenti - Parte prima

Il paradiso degli innocenti - Parte seconda

Il paradiso degli innocenti - Parte terza

Il paradiso degli innocenti - Parte quarta

Il paradiso degli innocenti - Parte quinta

Il paradiso degli innocenti - Parte sesta

Il paradiso degli innocenti - Parte settima

Il paradiso degli innocenti - Parte ottava

Il paradiso degli innocenti - Parte nona


Ritrovare Bompiano in quelle condizioni mi catapultò in un mondo che fino ad allora non avevo compreso per davvero.

Il suo corpo era martoriato come quello di Cristo, grondava sangue a cadenza costante mentre sotto, i corpi mutilati, parevano essere le pie donne in adorazione ai piedi della croce.

Notai da subito i loro bulbi vuoti, e solo con un po’ più di attenzione vidi gli occhi strappati dai volti, legati tra loro e appesi alle orecchie di Bompiano.

“Il paradiso degli innocenti deve avere un custode” pensai. E cosa ci può essere di meglio di un guardiano con più di due occhi?

Il terrore mi paralizzò, l’uomo con il quale parlai e cercai di proteggere non troppo tempo prima, era appeso privo di vita nel bel mezzo di un bosco dove bambini sfilavano come spiriti vagabondi tra gli alberi.

Di Vinicio ancora nessuna traccia, e il fatto che anche lui apparentemente si vide costretto ad aprire il fuoco mi fece pensare al peggio.

Con la mano stretta contro il muso a contrastare conati di vomito oltrepassai quell’infausto spettacolo e proseguii titubante oltre la luce.

Superato il dosso la foresta si fece più rada.

I fumi della notte trovarono ampio campo dove adagiarsi, e l’impervia salita si allietò sistemandosi a mo’ di smunto altopiano.

A poche centinaia di metri una casupola contrastava il vuoto.

Mi feci avanti sempre con più fretta, come se raggiungere quella baita potesse essere sinonimo di salvezza.

Ne mentre scrutai il terreno nelle vicinanze, e la mia fioca luce illuminò bossoli sparsi, ancora caldi.

Vinicio era chiaro fosse arrivato in cima prima di me; era chiaro non fosse passato troppo tempo dagli spari, anche se a me sembrò essere passato un secolo, e in fine era chiaro che lui in quel promontorio, sembrò essersi smaterializzato.

Presi a chiamarlo con tutta la voce che avevo in corpo ma nessuno rispose alle mia chiamate.

Di lì a poco aprii la porta di quel casolare.

Andreolli sedeva su uno sgabello divorato dalle termiti, legato a un palo in legno massiccio che attraversava la stanza dal pavimento al solaio.

Il suo viso era consunto dal freddo e dagli stenti e sembrava persino avesse ombreggiature di lividi che contrastavano il suo colorito ocra.

La testa penzolava e la bava scendeva come dalla sua bocca penzolando come fili di una ragnatela mossi da un leggero sbuffo di vento.

- Commissario! – escalmai sorpreso – che diavolo ci fa qui? Perché è legato chi l’ha rapita? –

Mi avvicinai così con passo deciso verso di lui intento a liberarlo dalle funi, ma ancor prima che potessi mettere mano al coltello egli mi ordinò di fermarmi.

- Non ti azzardare…rimani li fermo dove sei…non avvicinarti-

Rimasi immobile senza muovere un passo.

A pochi metri di distanza continuavo a guardarlo con gli occhi di chi non ha idea di cosa stia accadendo intorno a lui.

Era tutto troppo per me. Nel giro di poco tempo la mia vita sembrò stravolgersi e trasformarsi in un qualcosa di estremamente paradossale.

- Sei tu allora! Chi l’avrebbe mai detto. Tu proprio tu! – disse.

- Io cosa? Sono venuto qui per salvarla, e credo che sia il caso di muoverci-

- L’avevano detto sareste venuti. Avevano detto che il sacrificio sarebbe stato preso da uno che al mio fianco ha visto il mondo cambiare. Ma non pensavo fossi tu –

- di quale sacrificio parla? –

- lo siamo stati tutti…almeno una volta nella vita. Non è vero? –

Nel mentre un rumore si faceva largo tra il silenzio chiuso fuori la baita. Un strisciare stanco attraverso foglie secche che rimandava i miei sensi a un essere che con il mondo terreno aveva ben poco a che fare.

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