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Il crimine violento che cambia pelle in Sardegna - Seconda parte

  • Scritto da Effe_Pi

Dopo la drammatica rapina dei giorni scorsi ai portavalori vicino Sassari, seconda parte dell’analisi sulla criminalità sarda di Serpico.

Di Serpico

(Qui la Prima parte) La criminalità cambia pelle o meglio, ha cambiato fisionomia da tempo. Il sequestro di persona è roba del passato, è anacronistico e considerato ormai obsoleto. Troppo infame il ratto degli uomini, troppa attenzione dell’opinione pubblica, troppo gravi le pene in caso di condanna. E poi necessita di tempi molto lunghi, spesso è necessario avvalersi di latitanti deputati alla custodia degli ostaggi, le trattative sono lunghe ed estenuanti e non sempre fila tutto liscio. Esiste la legge che prevede il blocco dei beni alle famiglie dei sequestrati. Il mercato degli stupefacenti, il traffico d’armi e le rapine, appunto, sono la nuova frontiera della criminalità sarda. Non sembra che ci sia un’organizzazione unitaria, tutt’al più si tratterebbe di bande che si formano e si sciolgono all’occorrenza, anche se circolano sempre gli stessi nomi con la stessa provenienza geografica. Giovani e spregiudicati, attratti dai miti distorti del passato e dal guadagno facile.

Molti di loro gravitano nel difficile mondo delle campagne dove spesso scorre come un fiume sotterraneo l’odio, l’inimicizia tra le famiglie e le gelosie di paese. Le frizioni che conseguono alla divisione dei proventi delle rapine spesso sono all’origine di omicidi cadenzati nel tempo, il 99% dei quali rimane senza colpevoli. Omicidi eseguiti con la stessa spregiudicatezza di giorno come di notte, in città e in campagna, nei bar e durante le feste paesane. Delitti che hanno lo scopo di eliminare i nemici o i testimoni scomodi ma che servono anche a inviare messaggi. Presagi funesti che vengono colti anche dalle stesse comunità dove c’è sempre qualcuno che sa, qualcuno che si aspetta che prima o dopo accadrà un nuovo fatto di sangue, come fosse legge di natura. Tuttavia, a leggere le biografie, questi criminali non disdegnano la vita cittadina, né sono impermeabili ai contatti con gruppi organizzati del continente.

Ad esempio nella strage della Grottella del 1999 in Puglia, dove l’assalto ad un portavalori provocò la morte di tre vigilantes. Nella rapina furono coinvolti, seppure con responsabilità diverse, elementi di spicco della malavita ogliastrina. Alcuni di loro, come Marcello Ladu (ergastolano e implicato in gravi fatti delittuosi in Sardegna), secondo le dichiarazioni di collaboratori di giustizia, aveva all’interno della Sacra Corona Unita un ruolo tutt’altro che da comprimario. Era il luogotenente di Vito Di Emidio, soprannominato “Bullone”, spietato boss brindisino oggi pentito, che ha confessato una ventina di omicidi. Pertanto i nuovi scenari che si presentano all’orizzonte riguardo l’evoluzione delle forme criminose in Sardegna sono inquietanti e senza dubbio sottovalutati.

Che l’isola sia diventata un importante crocevia del traffico di droga sembra essere ormai un fatto acclarato. Lo dimostrano i sempre più frequenti sequestri di stupefacenti. Stesso discorso vale per il traffico d’armi e le estorsioni a danno di imprenditori, commercianti e non solo. Il tutto, senza tralasciare gli affari legati al lucroso campo dell’eolico, dei pannelli solari e delle rinnovabili in generale, dove sono sempre in agguato manovre speculative che necessitano sia di manovalanza criminale che, soprattutto, di contatti a livello superiore nel mondo politico e delle professioni.

Foto: Pixabay | CC0 Public Domain