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Disastro federalismo: tasse locali su del 200%

  • Scritto da Effe_Pi

Fisco localePer Corte dei conti e Cgia il federalismo fiscale ha prodotto aumento dei tributi e disparità verso il Sud.

Crolla un altro dei miti degli ultimi due decenni: il federalismo, in particolare quello fiscale, ha fallito, almeno quello all’italiana. Dalla metà degli anni ’90 in poi, con l’ascesa della Lega, il federalismo è diventato uno dei temi principali del dibattito politico ed economico italiano, descritto da più parti come la panacea di tutti i mali italiani causati da inefficienza, costi eccessivi della pubblica amministrazione ed eccesso di tassazione. Ora arriva l’accusa della Corte dei conti, secondo cui Il federalismo fiscale ha comportato “un aggravio della pressione fiscale, responsabili soprattutto gli enti locali. Dal 1990 al 2012 questi hanno registrato un "incremento delle entrate del 130%". Sono parole del presidente della Corte, Raffaele Squitieri, in un’audizione al parlamento.

"La forza trainante sulla pressione fiscale complessiva, passata dal 38 al 44% appare imputabile per oltre i 4/5 alle entrate locali. La quota di queste su quelle della P.A. si è più che triplicata (dal 5,5% al 15,9%)", ha aggiunto Squitieri. Situazione anche peggiore secondo la Cgia di Mestre, che ha calcolato un incremento delle tasse locali del 200% tra il 1997 e il 2013, con una variazione pari, in termini assoluti, “a 72,8 miliardi e un gettito che lo scorso anno ha sfiorato i 109,2 miliardi”.
Nello stesso periodo, le entrate fiscali che comprendono solo le tasse, le imposte, i tributi e i contributi pagati dagli italiani sono aumentate del 49,4%, con un gettito complessivo stimato per il 2013 che ammonta a 683,42 miliardi di euro, a fronte di una variazione pari a +226 miliardi.

E il federalismo, sempre secondo la Corte dei conti, avrebbe sfavorito soprattutto il Sud, cioè la zona che aveva maggior bisogno di una riforma che promuovesse lo sviluppo. "Il ricorso alla leva fiscale è molto differenziato sul territorio con una 'regola distorsiva' che penalizza i territori con redditi medi più bassi ed economie in affanno", ha affermato Squitieri, evidenziando che Irap e addizionali Irpef ''sono mediamente più alte nel mezzogiorno''. I divari territoriali "sono particolarmente pronunciati anche nel caso dell'Irap con quasi due punti (67%) fra Calabria e provincia autonoma di Bolzano". Differenze che finiscono per colpire “più pesantemente i livelli di imponibile più bassi" e le Regioni con "le realtà economiche più povere". Queste ultime, secondo Squitieri, "contando su una ridotta capacità fiscale del proprio territorio e costrette ad aumentare le aliquote per ripianare il deficit della sanità, finiscono per deprimere ulteriormente l'economia del territorio e la capacità di generare base imponibile. Un circolo vizioso che si concentra in misura particolare nel mezzogiorno".