Deposito nucleare: per Sogin è un'opportunità
- Scritto da Effe_Pi
Un convegno della società pubblica che dovrà gestire il sito rassicura sulle conseguenze per il territorio, ma senza interpellare tutti i soggetti coinvolti.
Il deposito nucleare permanente? Niente di tragico, anzi, un’opportunità per le regioni candidate ad ospitarlo, tra le quali secondo notizie di stampa ci sarebbe anche la Sardegna, nonostante i criteri pubblicati l’anno scorso dall’ISPRA non sembrino l’identikit della nostra isola. La sorprendente posizione è stata pubblicizzata in un convegno riservato ai giornalisti organizzato dalla Sogin, la società pubblica che si occuperà del progetto del deposito dove stoccare le scorie radioattive provenienti dalle vecchie centrali nucleari italiane e quelle di altra origine, in particolare sanitaria ed industriale. Ogni anno infatti vengono prodotti oltre 500 metri cubi di nuovi rifiuti radioattivi, e secondo i dirigenti della società in house del ministero dell’Economia (che ne possiede il 100%) meglio “un solo deposito nuovo e ben costruito che decine vecchi e insicuri sparsi per l’Italia”.
Il problema sarebbe quindi solo per il territorio destinato ad ospitarlo, anzi nemmeno, visto che dall’incontro di Roma emergerebbero solo vantaggi per chi lo ospita e, anzi, dovrebbero essere città e regioni a candidarsi ad avere il deposito, al termine di un percorso partecipato “innovativo” che prevede anche una consultazione pubblica. E se non si candidasse nessuno? Un’ipotesi da scartare secondo l’esperto di Nimby (Not in my backyard – la sindrome che porta a dire “no” ad opere simili sul proprio territorio) Alessandro Beulcke, che ha sottolineato il suo “ottimismo” sull’argomento. Peccato che il deposito in questione debba avere una vita di almeno 300 anni (tanti ce ne vogliono per l’esaurimento delle scorie a media e bassa intensità) e che, soprattutto per un territorio a vocazione turistica come quello sardo, averlo non costituisca certo un buon “biglietto da visita” verso chi vuole venire a visitarlo.
Dubbi che però nel convegno coi giornalisti non hanno avuto diritto di cittadinanza: nonostante la procedura di scelta del deposito coinvolga oltre alla Sogin una lunga lista di soggetti (ISPRA, ministero dell’Ambiente, ministero dello Sviluppo economico, ENEA, regioni), nessuno di questi era presente alla giornata che doveva aiutare i rappresentanti dei media ad essere “meglio informati” sull’argomento. Tantomeno erano presenti le associazioni ambientaliste o i comitati che si sono opposti al nucleare (con ben due referendum nazionali vinti all’attivo), per cui la giornata informativa è sembrata più un appuntamento “di marketing”, come sottolineato in un intervento dalla platea dal direttore di Qualenergia, Sergio Ferraris, che ha anche sottolineato come una parte delle scorie da smaltire in Italia sono ad alta attività, quindi non saranno affatto sicure in 300 anni ma ne richiedono in media 100mila. Insomma, per una procedura “trasparente” e “partecipata”, oltre che “ambientalmente ineccepibile”, come affermato da colui che è stato già designato come direttore dello stesso deposito nazionale, Fabio Chiaravalli, un inizio con una voce un po’ troppo univoca, soprattutto considerato che il convegno era destinato alla stampa e aveva il benestare dell’Ordine nazionale dei giornalisti, valendo addirittura come “formazione professionale” per gli iscritti.